Non so nemmeno che giro abbia fatto. Ho fatto in tempo ad andare a Como. Migrare a Bologna. Rientrare a Venezia. Salire su un’auto proseguendo per le Marche. Passare lì alcuni giorni. Starmene lì, all’aria aperta. Il mare. Il sole. La temperatura mite. Io abituata al freddo del nord. Le cene. E poi ho ripreso una vettura per tornarmene a Venezia.
Ma la mia giornata la mattina prima dell’ultimo dell’anno è partita presto. Su una Tesla. È passato a prendermi il transfer alle sette in punto del mattino. Che dico in punto. Diamine era pure in anticipo. Cinque minuti prima dell’orario stabilito era già sotto casa mia che mi attendeva. “Buongiorno, io sono qui, quando vuole”. Ero balzata giù dal letto facendo una doccia fredda e calda in estrema velocità, avevo messo su il caffè, quello che puoi sciogliere la polvere per fare prima, ed era una di quelle mattine dove in cucina vedevi solo il blu della fiammella del gas.
Mi trucco alla svelta, un filo di rimmel, ombretto nero, una botta di phon ai capelli, pantaloni, maglia, borsa e cappotto che mi copre la testa. Salgo sull’auto nera fiammante e dentro ci sta uno schermo che è grande quanto la mia televisione. Indica il percorso da seguire, la mappa, la carta, la piantina, più in basso in fondo a sinistra ti compare la faccia del cantante di cui sta andando la musica. Non so manco chi abbia cantato. Nel giro di un baleno mi pare di aver intravisto l’immagine di Natalie Imbruglia e quella di qualche altro che ora non ricordo.
L’auto, calda. Nera. Silenziosa.
Arrivo alla stazione con le occhiaie che mi toccan terra. E il barista della carrozza numero 3, quella dove ci sta il bar, è pugliese. Guarda fuori dal finestrino che lentamente come in un film muto percorre velocemente il paesaggio che si sussegue fuori. E sbotta: “Vedi il tempo che ci sta qua”. “Come fai a non svegliarti con le palle girate”, gli dico io. “Tu bravo uomo del Sud, stattene giù no?”. Il lavoro, il lavoro ci chiama. Come chiama me in questa vigilia dell’ultimo dell’Anno. Ma questo è il lavoro che amiamo. Arrivo a Milano centrale, destinazione Monza Brianza, devo fare una casa occupata. Ci fermiamo al bar all’Angolo. Non toglietemi caffè e sigaretta prima di iniziare a girare. L’adrenalina sale. Gli occupanti sono ecquadoregni. E come in un susseguirsi di immagini mi trovo catapulta ovunque. Passo dal taxi nero fiammante. Al treno. Alla stazione Centrale dove ci stanno i disperati che dormono fuori. A un posto carino dove ci fermiamo a mangiare ma alla tipa napoletana non sto tanto simpatica. Mi rimetto in viaggio. Rientro. Il giorno dopo riparto per passare il Capodanno in piazza a Milano…
E questo ve l’ho raccontato…

sbetti


Scopri di più da Sbetti

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.