Noto che dalla guerra in Ucraina è partita questa tendenza a combattere la guerra a suon di hashtag.
Una tendenza raccapricciante e per certi versi vomitevole che porta i Pinco Pallo di turno a partire per il fronte (se poi stanno la maggior parte del tempo in albergo non lo saprete mai) e farsi ritrarre e fotografare in pose talmente assurde che agli inviati veri, quelli con la I maiuscola, che la guerra non solo la raccontano ma la vivono veramente, viene loro da ridere.
Lezioni di giornalismo non richieste a metà tra l’analisi geopolitica e la storia raccontata a suon di Bignami da prima media.
Dalla guerra in Ucraina qualsiasi pinco pallo qualunque, mosso dalla sua boriosa cacone e gonfia vanità incandescente, ha provato a raggiungere il fronte – non riuscendoci quasi mai – al solo scopo di cercare la fotografia più idonea ad attrarre e attirare like su Facebook, raccontando la guerra non per quello che è, ossia una grande merda, ma mettendo se stesso al primo posto.
Il fine infatti degli inviati improvvisati non è raccontare storie e dare voce agli altri. Ma è raccontare se stessi per fare vedere quanto sono bravi. Gente improvvisata partita con una camera in mano senza sapere manco come vestirsi. Ce ne sono di casi di fotografi o presunti tali partiti e poi fermatisi in Polonia.
E la stessa cosa si ripete con Israele. Guerre raccontate a suon di stories su Instagram. Di like su Facebook. Di post che mi scompiscio dalle risate la mattina quando li leggo.
Io quando sono stata in Kosovo e la guerra era già finita non avevo manco tempo di andare al gabinetto perché si lavorava da mattina a sera per cercare di raccogliere quante più storie possibili. E si cercava di estraniarsi dal mondo per entrare dentro quello di qualche altro. Provate a chiedere ai grandi inviati di guerra se hanno tanto tempo di aggiornare i loro profili.
Gli inviati seri non hanno tempo di aggiornare la loro pagina Instagram. La loro pagina Facebook. I loro tweet. O X come lo chiamate.
Lo fanno a sprazzi, quando ormai, stremati dalla giornata e dalla nottata, si accorgono che il resto del mondo reclama il loro contributo per quella parte di terra vista con i loro occhi. La guerra non è un reality. Non è uno show. Non è palcoscenico. Non è cinema. Teatro. Chi scherza con la guerra, forse ha dimenticato una cosa importante. Che in guerra si muore.
sbetti

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