
Dovevo pranzare al volo, cercavo le patate, e mi sono fermata in un posticino.
Si chiama Venice. È già un po’ di volte che ci vengo e ogni volta ne esco soddisfatta. Mi sento soddisfatta più che altro perché ogni volta che migro in una città cerco sempre un posto che mi faccia sentire a casa. Noi zingari abbiamo più radici degli alberi.
Ma soprattutto perché mi piacciono le realtà di famiglia. Le conduzioni familiari. Quelle dove ti senti a casa. Quelle dove chi sta in cassa chiama la cameriera “zia”. Chi sta in sala chiama la barista “mamma”. Chi sta in cucina chiama il cuoco “Babbo”. Poi mentre stai mangiando a orari del tutto scombussolati, si siedono accanto e a turno mangiano. Noi coltivatori di gamba e di suole ci siamo abituati. Ma soprattutto mi piacciono quelle realtà gestite da gente che sgobba. Che lavora.
Non mi piacciono i fast food. I cibi in serie. Quelli che ti arrivano sul piatto e non sai se sono fatti alla Montedison. Mi piacciono quelle cucine dove le cose vengono preparate con cura. Dove le patate sono ancora calde. Croccano. Le senti croccare dentro la bocca. E soprattutto mi piacciono quelli che quando ti parlano ti guardano negli occhi. Semplici. Umili. Lavoratori. Gentili. Cordiali.
Stando sempre a contatto con la gente non tollero chi urla. Adoro le persone piote. Calme. Riflessive. Equilibrate. Ma energiche. Ci devo vedere la vita addosso. Quelle che mettono in fila i pensieri e li fanno propri. Non mi piace la gente spaccona. Grezza. Incolta. Quella che grida quando arriva. Quella confusa. Quella in ansia. Quelli che ti fanno credere che spaccano il mondo e non ne fanno manco una. Questi non li sopporto. Mentre penso questo. Alzo lo sguardo. La cameriera c’ha il vestito lungo oltremare con la gonna con le pieghe e la maglia dorata.
Agli occhi indossa un ombretto fantastico verde azzurro misto che le illumina gli occhi che Dio te li immagini. Il caschetto ben curato. Ben tenuto. Il caffè è stralusso.
Più in alto ci sta una scritta.
Questo è il caffè della Mary.
#sbetti
Venice Ristorante

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