
Praticamente è accaduto che qualche giorno fa nel Cilento, abbiano inaugurato la Spigolatrice di Sapri, e che ai soldatini del politicamente corretto non sia andata bene.
Non ho ben capito, infatti, se le boldriniane cirinniane e piddine non sappiano che un corpo femminile è formato da un culo, due tette, due braccia e due gambe.
E che un corpo maschile è formato da altrettante parti del corpo con due evidenti eccezioni.
Forse le democratiche rosse considerano il corpo di donna così talmente osceno da non poter essere esibito in pubblico, se non quando scendono in piazza a manifestare con enormi lembi di carne che fuoriescono dalle magliette di quattro taglie più piccole di loro, e forse pensano che non vada nemmeno guardato perché lede la dignità di tutte le donne.
Imbarazzante.
E in effetti io mi sono sentita lesa nella mia dignità femminile quando ho letto i tweet e i commenti proprio di alcune donne che commentando la Spigolatrice, probabilmente auspicano anche per noi occidentali l’avvento del burqa e dei talebani.
Mi sono guardata allo specchio e avendo la minigonna volevo correre in bagno a coprirmi.
“È un’offesa alle donne e alla storia che dovrebbe celebrare – ha twittato l’ex presidente della Camera ed esponente del Pd, Laura Boldrini – Ma come possono perfino le istituzioni accettare la rappresentazione della donna come corpo sessualizzato? Il maschilismo è uno dei mali dell’Italia”.
Di maschilismo parla anche Lorenzo Tosa. Che dopo un discorso dove io non ci ho capito un tubo parla di maschilismo perché dice che “quella statua non è sessista perché mostra un cu** di donna ma perché il cu** è l’unica idea possibile di donna che rappresenta. L’unica differenza tra voi e i talebani – aggiunge – è che loro lo coprono, voi lo ostentate. Ma, per entrambi, non esiste altro.
Questo, in una parola, è il maschilismo”.
“A Sapri uno schiaffo alla storia e alle donne che ancora sono solo corpi sessualizzati – ha tuonato Monica Cirinnà – Questa statua della Spigolatrice nulla dice dell’autodeterminazione di colei che scelse di non andare a lavoro per schierarsi contro l’oppressore borbonico. Sia rimossa!”.
Anche le piddine si sono mosse sentendo “il dovere di schierarci in modo netto e categorico per l’abbattimento di questa statua diseducativa e fuorviante che banalizza le donne”.
Emanuele Stifano, povero, lo scultore, si è anche difeso su Facebook ma intanto la macchina del fango social era già partita.
Ma allora mi chiedo quanti David, quanti Donatello, quante statue avremmo dovuto rimuovere con gli arnesi all’aria di tanti bei giovanotti col culo fuori.
E permettetemi di dire: che gran bei culi.