Vittorio Feltri è uno dei miei preferiti.
È uno di quei pochi giornalisti italiani che scrive in italiano corretto. Quando lo leggi lo capisci e non devi tornare indietro per capire cosa ha scritto.
Ora vogliono metterlo in galera perché il 10 febbraio 2017 con Pietro Senaldi ha pubblicato l’articolo dal titolo “Patata bollente” riferendosi alle vicende che vedevano coinvolta la Raggi.
Capirai che atrocità visto che viviamo in un Paese dove gli ex ministri alla Giustizia – leggi Alfonso Bonafede – danno dei pennivendoli e delle puttane ai giornalisti.
Eleganti epiteti confermati anche da Luigi Di Maio che faceva il vice premier e che se ha scritto un articolo in un italiano comprensibile mi taglio la testa.
Ma ci siamo dimenticati dei tempi di Grillo che fa più ridere ora che non quando faceva il comico. “Io i giornalisti me li mangio e me li vomito”.
Allora non ho ben capito dall’alto della mia ignoranza felice perché viviamo in un mondo dove tutti possono dire tutto, offendere, attaccare, insultare, nella più totale impunità di essere liberi di dire ciò che si vuole, e poi se scrivi “Patata bollente” riferendoti a una vicenda rischi la galera.
Invece se dai della puttana a un giornalista ti dicono bravo e ti spiegano, cit Di Maio, che “quando ci vuole ci vuole”.
L’altro giorno in una rivista scientifica per descrivere il “corpo femminile”, hanno scritto “corpo con la vagina” per la gioia dei talebani del politically correct che tengono a spersonalizzare e rendere tutto relativo e precisare che il corpo femminile ha la vagina e non il pene.
Ma “patata bollente” è come scrivere “gatta da pelare”.
A me alle scuole elementari l’avevano insegnato. C’era perfino un rebus nei libri dove ti mettevano davanti una gatta e dei pelati e tu dovevi scrivere gatta con due t, e pelare con una L. Qualche deficiente, con la I, riusciva persino a sbagliare.
Ma perché Feltri rischia di andare in carcere.
Non certo per il titolo scoppiettante e bollente da satira, ma perché la legge per eliminare la prigione per i giornalisti, come tutte le cose importanti in Italia dato che abbiamo fatto in tempo a parlare pure di Zan, è ferma in Parlamento.
Il testo che doveva essere approvato nel 2020 non è mai arrivato alla Camera ma nemmeno in Senato.
Facendo sberleffi a una sentenza della Corte Costituzionale che aveva precisato che: “la minaccia dell’obbligatoria applicazione del carcere può produrre l’effetto di dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro cruciale funzione di controllo”.
Si chiama violazione della libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Diritti ampiamente riconosciuti da Costituzione e Dichiarazioni sui diritti dell’uomo e Convenzione Ue.
Ma guarda caso questi diritti valgono solo per chi si allinea ai colori dell’arcobaleno.
Per gli altri no.
Com i miei ossequi.

#sbetti


Scopri di più da Sbetti

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.