Come al solito Facebook ha dato modo di teorizzare anche agli stolti.
Ieri mi sono divertita a leggere le sentenze di morte sulla morte di Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova.
Sentenze che probabilmente nemmeno lui sapeva potessero esistere.
A cui non gli è nemmeno stata data possibilità di appello. Sono finite in rete come finiscono i pesci in mare quando non servono più e li ributti.
Ma come al solito il popolino di Facebook ha dato mostranza di quanto la gente sia intelligente, arrivando a scoprire le motivazioni intrinseche delle scelte di un essere umano molto prima di chi ha commesso il gesto.
Così ancora una volta, nella totale mancanza di rispetto della vittima, la gente prima ha pontificato a destra. Poi a sinistra.
A seconda ovviamente di quello che gli faceva comodo.
Chi ha celebrato De Donno come il padre della terapia del plasma, l’ha ricordato come eroe, vittima e martire di chi anziché il plasma preferiva altre cure.
Chi invece riteneva che il plasma non fosse una cura salvifica, allora era quasi compiaciuto come a dire: “vedi che succede se non ti allinei al sistema”. Non sono mancati quelli che l’hanno ridicolizzato. La verità è qui, non me ne vogliano i complottisti da bar e ombrette, che hanno già cominciato a scrivermi, ma qui non c’è nessun sistema. Si è provato. Si sono provate le cure per cercare di salvare più vite possibili. Come ha fatto De Donno. E quanta pena ci hanno fatto quei virologi finiti in televisione e diventati famosi col covid che anziché venire in aiuto hanno innescato le più grandi micce televisive, quasi come i fulmini, creando ancora più confusione e destabilizzazioni.
Ora. Dopo tutte le pontificazioni fatte da chi anche con la morte degli altri si schiera a destra o a sinistra, scopriamo che De Donno soffriva di depressione. Ancora prima del covid.
Una malattia che può venire a chiunque. La depressione è una cosa seria che ti mangia l’anima. Non è quella “roba” che la gente pensa di avere perché si sveglia al mattino con le scatole girate. Quella è un’altra cosa. Che nulla ha a che vedere con la depressione che richiede cure attenzione e tempo.
La mancanza di lavoro. Il non poter svolgere il proprio in libertà. Il sentirsi emarginato, attaccato, perennemente nel mirino, sotto pressione, a lungo andare può portare anche a questo.
Rimane il fatto che De Donno è morto.
Nel suo silenzio, offuscato da chi crede di sapere tutto.
Anche sulla morte degli altri.

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