
Ve la ricordate Silvia Romano? Quella volontaria liberata in Kenya che si era convertita all’ Islam e per cui lo Stato aveva sganciato la lauta e prosperosa somma di 4 milioni di euro per liberarla?
Quella a cui avevano messo i sacchetti di nylon ai piedi quando atterrò all’aeroporto.
Ecco per Silvia Romano abbiamo visto le passerelle di Conte, Di Maio, selfie, pianti, baci, abbracci, strette di mano (anche se non si poteva);
invece per i nostri militari che hanno lasciato l’Afghanistan dopo 20 anni e sono rientrati in Italia non c’era nessuna forza istituzionale ad attenderli.
Nessun Di Maio ad attenderli all’aeroporto, nessuna bandierina, nessun tricolore che sventolasse per loro.
Di Maio che forse in questi giorni è troppo impegnato a farsi selfie con la nazionale o a fare le conferenze anti Isis – Come se servissero a qualcosa – All’aeroporto non era nemmeno presente.
Anzi. Forse nemmeno sapeva che il 4 luglio si celebrava una data storica.
Con il rientro degli ultimi militari del contingente italiano si è conclusa ufficialmente la nostra missione italiana in Afghanistan.
Una missione fatta di morte, sangue, sacrifici, sudore, amori strappati, padri lontani dalle famiglie. Io ci sono andata nella missione in Kosovo e ho visto come vivono questi uomini e queste donne. Sì. Anche donne.
Li ho visti. Li ho visti farsi spazio e crearsi una vita all’interno di una base militare. Fingere che sia normale. Quando normale non è niente. Non è normale quando sai che da un momento all’altro potresti saltar per aria. Non è normale quando da un momento all’altro potrebbe esploderti una mina sotto il culo. Ricordo bene le parole che il tenente Monia Savioli che fa la giornalista, che mi aveva fatto il corso per partire per zone di crisi e che poi mi aveva accolta in Kosovo, mi aveva detto: “In Afghanistan impari ad apprezzare ogni momento. Vivi sul filo del rasoio perché ogni momento potrebbe essere quello “giusto””.
La paura ti perseguita. La devi controllare mi aveva detto Fausto Biloslavo che in Afghanistan ci è stato tantissime volte.
Ecco come vivono i militari lì. Alla faccia di chi dice i soldi. I quattrini. Il Dio denaro.
Ho trovato molti più uomini rispettosi della loro lei e delle famiglie che hanno a casa in Kosovo, che della mandria di sfigati e sfigate che capita a tutti di incrociare nella vita.
Eppure. Nessuna autorità ad accoglierli. Nessuna cerimonia solenne. Niente di niente. Nemmeno Di Maio che posta il selfie su Facebook.
Il generale di Brigata della Folgore, Vergori insieme ai suoi, sono stati trasportati da un C – 130 Hercules e hanno solcato per l’ultima volta la rotta dall’Afghanistan all’Italia nella base aerea militare della 46 esima Aerobrigata di Pisa.
Finiscono così vent’ anni di missione. Vent’anni di morti. Sacrifici. Feriti. Vent’anni di sudore e lacrime con 53 soldati morti e 723 feriti per il dovere di 50 mila uomini.
Ad attenderli un comunicato del ministro Guerini che è del Pd e si prodiga per i diritti di tutti.
“Un momento toccante e straordinario con la chiusura di un capitolo significativo della nostra storia – scrive – Terminano 20 anni di sforzo nazionale che hanno visto la dedizione e lo spirito di sacrificio dei nostri oltre 50.000 uomini e donne in divisa che si sono avvicendati in questi lunghi anni e voglio ricordare con gratitudine i 723 feriti e con profonda commozione le 53 vittime italiane che hanno perso la vita al servizio della Repubblica e per portare stabilizzazione e pace in Afghanistan”.
Amen
Vero, c’è tanta strumentalizzazione e doping mediatico
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