
Quante Saman ancora? Quante?
Allora sono entrata dentro allo studio di Souad Sbai e appena ci sono entrata mi è salito il cuore in gola. Appena entri, appese alla parete ci stanno le immagini di quelle donne morte ammazzate seviziate stuprate da mani e occhi che le vedevano troppo occidentalizzate. Prese e ammazzate da chi ha abusato di loro e poi le ha lasciate lì agonizzanti a morire. Le ha tagliate a pezzi. Le ha fatte fuori. Ha squarciato loro il ventre come si squarciano gli animali.
Pamela Mastropiero è stata ammazzata da un nigeriano il 30 gennaio 2018, il suo corpo venne ritrovato mutilato in due valigie.
Desirée Mariottini, 16 anni, drogata, stuprata, violentata a turno. Si erano messi in fila per dilaniarle il corpo. Poi quando hanno visto che non dava più cenni di vita l’hanno lasciata lì agonizzante a morire.
Rachida Radi, 35 anni, uccisa a colpi di martellate dal marito nel 2011 perché viveva all’occidentale e voleva avvicinarsi al cristianesimo. Lui le ha sfondato il cranio.
Hina Saleem, classe 1985, pachistana, ammazzata dai parenti a coltellate l’11 agosto 2006 perché non voleva adeguarsi agli usi tradizionali della cultura d’origine. Venne sgozzata e sepolta nell’orto di casa a Brescia. Con la testa rivolta verso la Mecca e il corpo avvolto in un sudario.
Sanaa Dafani a Pordenone è stata accoltellata a morte dal padre in un bosco, mentre era in compagnia del fidanzato, un italiano. La tradizione non consente di vivere con un uomo senza sposarsi.
Souad Alloumi invece è scomparsa nel 2018.
E ce ne sono tante altre. Sono ragazze belle, solari, radiose, con quegli occhi luminosi e raggianti.
Le loro colpe: rifiutarsi di indossare il velo islamico, vestire all’occidentale, fumare qualche sigaretta, indossare jeans, frequentare amici cristiani, avere amici non musulmani, studiare o leggere libri “impuri”, ascoltare musica o suonare, voler divorziare, essere troppo indipendenti emancipate.
Rukhsana Naz a Londra, ancora nel lontano 1998, è stata uccisa perché aveva rifiutato un matrimonio combinato. Aveva 19 anni.
In Svezia Fadime Sahindal è stata uccisa a colpi di pistola perché si era avvicinata alla cultura occidentale. È stata uccisa dal padre dopo essersi segretamente incontrata con la madre e le due sorelle più piccole, alle quali era stato vietato di vederla. Era stata espulsa dalla famiglia quattro anni prima per una sua relazione con un giovane svedese-iraniano. Ci hanno fatto un libro.
Anche a Heshu Yones, curda irachena, molto bella, hanno tagliato la gola perché aveva un fidanzato cristiano. Aveva 16 anni. La figlia secondo il padre era diventata troppo “occidentalizzata” e aveva intrattenuto una relazione contro i suoi ordini.
Sohane Benziane è stata torturata e bruciata viva il 4 ottobre del 2002 in Francia. Le hanno dato fuoco con un accendino. La gente in diretta assisteva alla sua morte. Aveva 17 anni.
E ancora a Londra qualche anno fa, un padre, di origini pachistane, bruciò vive la moglie e le sue quattro figlie dopo averle chiuse in casa. Non accettava il fatto che la figlia volesse diplomarsi o rifiutasse il matrimonio combinato.
Perché nel nome della Sharia le donne quando crescono devono rimanere segregate in casa.
Per non parlare di tutte quelle vergini che si ammazzano prima.
O di tutti quei padri padroni di cui ci arrivano i comunicati stampa da parte delle forze dell’ordine. Il mostro che le tiene segregate in casa. Che le violenta. Che le picchia. E che poi si scopre che aveva origini di chissà dove e non accettava che la moglie vivesse all’occidentale.
Allora in tutto questo orrore.
In questo oceano di croci mi chiedo dove siano quelli che scendono in piazza per rivendicare i diritti dei migranti. Dove sono quelli che scendono in piazza quando a sparare sono gli italiani.
Dove?
Perché come al solito ci indigniamo per quello che ci fa comodo.
Ma per queste donne non una parola.