“Era un mondo talmente bello che era impossibile credere alla morte; ma io in quel mondo non potevo nemmeno tenere carta e penna perché i guerriglieri islamici lo consideravano pericoloso”.
É la dura testimonianza di Padre Beppe Pierantoni, 58 anni, dehoniano, rapito il 17 ottobre del 2001 da un gruppo fondamentalista islamico nelle Filippine e rilasciato dopo sei mesi di prigionia. “Ho vissuto da povero nel loro mondo – racconta Pierantoni il 9 marzo in una sala gremita di persone, a Noale – sono stato rapito una sera finché stavo cucinando, qualcuno mi ha preso da dietro e mi ha costretto a guardare il soffitto. Credevo fosse uno scherzo, poi mi hanno messo le manette e mi hanno ordinato di seguirli. All’inizio non capivo, poi mi sono ritrovato nel loro mondo. Di giorno vivevamo sugli alberi, le mangrovie, mangiavamo poco e cucinavamo poco per non fare fumo. Di notte ci si muoveva. Per gli spostamenti mi mettevano la divisa militare, mi coprivano di passamontagna e mi costringevano con i fucili ad andare avanti. Mi chiedevano anche di imbracciare le armi, ma io non le ho mai impugnate. Un giorno uno dei miei rapitori mi ha chiesto se a noi preti era proibito toccare un’arma; ho apprezzato perché era segno che lui aveva notato. Sono persone che hanno i nostri sogni – racconta – ricordo che insegnavo loro l’inglese e un giorno un rapitore mi chiese di scrivere una lettera d’amore che doveva far avere a una ragazza. Lì capii che essi cercano quello che cerchiamo noi. Ma sono popolazioni che vivono nel dolore e io credo che il mondo occidentale abbia le sue responsabilità”.
Pierantoni spiega di come per lui il rapimento sia stato un cammino spirituale e una ricerca di un dialogo con sé stesso e con l’altro; un dialogo non sempre facile da trovare. “Si crea un muro – dice – perché quando vieni violato ti senti in dovere di respingere il male e di rivendicare il tuo diritto di libertà perché credi di essere nel giusto”. Come lo credevano i rapitori.
“Credo- continua Pierantoni – che un dialogo, non è che si possa trovare, si deve trovare”. Ma il problema principale sembra essere la fabbricazione di armi. “Quelle armi – spiega l’ecclesiastico – vendute dai soldati filippini ai miei rapitori, erano tutte di fabbricazione americana o filippina su licenza americana. Quando chiedevo cosa volessero da me, mi rispondevano che volevano scambiarmi con del denaro per la loro causa e noi fino a che consentiremo ad alcune nazioni potenti di distribuire armi che permettono a piccoli gruppi di fare grandi caos non ci sarà mai pace”. Padre Beppe Pierantoni, verrà poi rilasciato l’ 8 aprile del 2002 in seguito a un negoziato concluso dal governo filippino.
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