
La mia intervista a Federico Faggin, uscita su Libero il 1 ottobre 2024.
C’è una intelligenza che nessuna macchina al mondo potrà mai sostituire. Ed è quella umana. Perché il computer è una macchina che fa quello che dice l’uomo. E l’intelligenza artificiale è creata dall’uomo stesso. L’uomo, quello stesso individuo che preme alt, canc, control; quello stesso essere umano che affidandosi alle macchine, toglie a se stesso il libero arbitrio. Ma solo usando l’intelligenza artificiale con intelligenza possiamo diventare più forti e più produttivi.
Ne è convinto Federico Faggin, colui che ha reso possibile e che ha progettato il primo microprocessore al mondo. Poco noto al grande pubblico – sarà perché a volte i grandi rimangono dietro le quinte – nato a Vicenza nel 1941, lui è il padre del microchip ed è uno dei più grandi inventori viventi. “Prima di lui la Silicon Valley era solo la Valley”, aveva detto Bill Gates riferendosi a Faggin. Fisico, inventore, fondatore della Zilog e della Synaptics, è anche colui che ha sviluppato i primi touchpad e touchscreen. Quando lo chiamiamo è in giro per il mondo a presentare il suo ultimo libro uscito da poco: “Oltre l’invisibile. Dove scienza e spiritualità si uniscono”.
Professore Faggin, partiamo subito, così secca: secondo lei l’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro?
“No, ci ruberà la libertà. Se non stiamo attenti”.
Forte come affermazione.
“Il punto è che siccome l’intelligenza artificiale è in parte sostitutiva dell’uomo, questo fa sì che si presti a essere utilizzata per farci fare quello che vuole lei. Non che agisca come se avesse una volontà propria eh, intendiamoci, anzi l’Ai non capisce niente e non ha libero arbitrio. Però rappresenta chi la crea. E i creatori attraverso l’intelligenza artificiale potrebbero controllarci e farci fare quello che vogliono loro. Questo è il pericolo”.
Quindi è più dannosa che utile per l’uomo?
“Dipende da come la useremo, bisogna stare molto attenti, bisogna usarla con vera intelligenza”.
Insomma dobbiamo usare l’intelligenza umana per usare bene l’intelligenza artificiale.
“Sì, se noi ci adagiamo a prendere per buono quello che dice l’Ai a quel punto saremo schiavizzati. Mentre se noi la usiamo per prendere decisioni ancora più intelligenti allora sarà molto utile. Ma siamo in questo momento storico in cui dobbiamo capire chi siamo”.
E chi siamo?
“Se noi pensiamo di essere macchine ci adatteremo a quello che dicono i potenti e useremo l’intelligenza artificiale come vogliono loro, se invece noi capiamo che siamo più di macchine, che abbiamo la coscienza, il libero arbitrio e la capacità di comprendere, tutte cose che sono ben oltre di quello che l’intelligenza artificiale potrà mai fare, allora abbiamo la speranza di utilizzarla per diventare ancora più intelligenti e ancora più forti e produttivi”.
Però questo era anche quello che era accaduto un po’ con il computer. Cioè il computer in realtà non capisce niente: fa quello che dice l’uomo.
“Esatto. Però l’intelligenza artificiale va oltre il computer com’era prima dell’intelligenza artificiale. Cioè nell’Ai la conoscenza umana cosciente viene trasferita meccanicamente in una macchina, attraverso processi che sono probabilistici e attraverso questi si arriva a creare una specie di ibrido tra l’uomo e la macchina, ma senza le vere capacità dell’uomo che sono coscienza, creativitàe libero arbitrio perché infatti noi non siamo macchine”.
Lei ha dimostrato questo rapporto della scienza con la nostra coscienza.
“Esatto, la coscienza è la facoltà che ci permette di capire e di conoscere. Non è un fenomeno dei computer, non è nemmeno un fenomeno che può esistere nello spazio-tempo come lo conosciamo. È un fenomeno dei campi quantistici che si può solo capire capendo la fisica quantistica”.
Però tematiche come la coscienza erano più oggetto di studio della psicologia, della filosofia che non della fisica.
“Sì, i fisici non si sono mai interessati di psicologia, i fisici si sono sempre occupati di capire come funziona il mondo, di trovare le leggi che gli oggetti del mondo seguono, però a mano a mano che si andava avanti hanno scoperto che c’era qualcosa che era incomprensibile”.
Mi sta dicendo che gli oggetti hanno un’anima?
“C’è una realtà quantistica più profonda da cui emerge la che esiste nello spazio-tempo, quella dei fenomeni classici che noi interpretiamo attraverso il corpo. Li interpretiamo con la coscienza usando il corpo”.
Ok, ma è anche vero che l’intelligenza artificiale è creata da noi, dalla nostra di coscienza. Non è che l’Ai una mattina si è svegliata e ha detto: inizio a comparire nel mondo.
“Sì, l’abbiamo creata noi”.
E se l’avessimo creata perché in realtà abbiamo bisogno di quel mondo finto.
“Certo. Abbiamo bisogno di quel mondo finto per far più soldi, per essere più produttivi, per tante ragioni, alcune buone, alcune cattive, come per controllare gli altri”.
Ma senta, lei quando ha iniziato a studiare queste cose? “Trentasette anni fa, dall’86 in poi, dopo un paio di anni mi sono chiesto: ma un momento la coscienza dove la mettiamo? I segnali elettrici no? Come possono essere uguali alle sensazioni, ai sentimenti che proviamo? L’amore che provo per un figlio come fa ad emergere dai segnali elettrici nel cervello? Dove si convertono questi segnali in sensazioni di amore? Ecco, questo il materialismo non l’ha mai spiegato anzi ha negato che esistano queste cose. Secondo la scienza, la coscienza è un fenomeno del cervello perché è il cervello che decide e poi informa la coscienza della decisione che essa crede di aver fatto. Ma la coscienza è allora il risultato di un inganno?”
Quindi secondo la scienza siamo dei robot?
“Siamo macchine sì. Ma quando io nutro amore, quel sentire porta a un significato. Il nostro corpo è una struttura fisica che fa da ponte tra il mondo della coscienza e il mondo degli oggetti nello spazio-tempo”.
Ma una cosa le volevo chiedere, l’intelligenza artificiale potrebbe incidere sulle nostre decisioni finanziarie quindi e magari portarci a premere qualche tasto per compiere chissà quale operazione?
“Ma certo! È proprio lì che alcuni vogliono andare a parare. Cioè far sì che uno prenda decisioni finanziarie che favoriscano i venditori di questa Ai”.
Chi l’ha creata?
“Ditte come Google, Facebook, Microsoft. Ditte grossissime che la stanno sviluppando per diventare sempre più ricche, non necessariamente per dare un beneficio all’umanità”.
Se lo dice lei che ha inventato il microprocessore.
“Ma non tutte le ditte possono fare queste cose. Solo ditte grosse possono farlo. E lo stanno facendo con uno scopo, ossia: da un lato ti danno un servizio utile e dall’altro ti usano per farti fare quello che vogliono, se possono. Una ditta che ti dà un servizio gratis e poi vende l’informazione che tu gli dai: ecco queste sono le ditte che stanno sviluppando l’Ai”.
Ma lei fin da piccolo era appassionato?
“Bè non dell’intelligenza artificiale, sicuro. Io ero appassionato delle macchine. Volevo capire le macchine, per la semplice ragione che non capivo gli uomini. Mi interessavano solo le cose che potevo capire, quelle che non potevo capire facevo finta di non vederle”.
Scusi, una curiosità. Ma lei usa i social?
“Sono sui social ma ho una persona che se ne prende cura, io non riuscirei proprio a starci dietro. Lei mi scriva via email, perché questo numero non lo uso quando sono all’estero e ora devo ripartire”.
Serenella Bettin

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