Venerdì scorso la redazione del quotidiano La Stampa è stata presa d’assalto da quelli che vengono banalmente chiamati “antagonisti”.
Ora, assaltare la redazione di un giornale non è da antagonisti. È da fascisti. Possiamo dirlo che almeno l’atto è da fascisti? O non si può dire niente in questo Paese. È violenza squadrista che ci riporta con le lancette dell’orologio alle violenze del ventennio. E pace che quei giornalisti ieri erano in sciopero come tanti altri giornalisti per un sistema ormai, quello dell’editoria e dei giornali, macero, sfinito, spossato, che tra non poco si sfracellerà al suolo.
Poco importa poi vero, se quei giornalisti erano in piazza anche per chi – evidentemente perché le cose gli vanno bene – non ha sentito la necessità di scioperare, di scendere in piazza per i diritti, per la stampa libera, e si riduce a fare pezzi per cinque euro lordi. Poco importa che a soffiare sul fuoco di un atto odioso, vile, fascista, squadrista, becero, che appare come un segnale: “Colpirne uno per colpirne cento”, ecco a soffiare sul fuoco di questo raccapricciante e preoccupante gesto siano proprio quelli che pagano i collaboratori 10 euro a pezzo, che ti chiedono l’esclusiva dandoti 200 euro al mese, che con anni di collaborazione non ti hanno mai contrattualizzato. Poco importa. Perché l’importante è il veleno. Già me li vedo quelli che non vedevano l’ora di scrivere editorialoni sulle violenze dei pro pal, per screditare un movimento che come ribadito dal movimento stesso niente ha a che vedere con tali soggetti che hanno fatto irruzione devastando e saccheggiando la sede del giornale. Poco importa. Già me li vedo gongolare sulla seggiola. Toh. Alle cinque del pomeriggio arriva l’assist perfetto che consente la marcatura. I pro pal hanno messo a punto il segno. Autogol. Ma chi pensa questo in realtà non ha capito un tubo. Immagini come quelle a cui abbiamo assistito, dopo l’attacco accaduto a Sigfrido Ranucci, sono degne di un Paese dove la libertà di stampa è continuamente messa sotto attacco. Chi ha commesso quell’atto – ci sono già 40 identificati – ha commesso un gesto ignobile, vigliacco e da perfetto idiota ha dato il “la” al governo, a quelli che fanno le conferenze contando le calorie dei palestinesi, a quelli che giubilano ed esultano se per caso qualcuno anziché la pace, usa le bombe e la violenza. Ha dato il via libera a chi, stoltamente – credevo anche che alcuni fossero più intelligenti ma la vita riserva sempre sorprese – non vede l’ora di cavalcare quello che è successo, per dire che i naviganti della Flotilla si sono fatti una bella vacanza e che i pro pal sono tutti come questa gentaglia qui. E nella loro foga di dover esprimere inutili commenti non capiscono che qui siamo coinvolti tutti. Ogni volta che un giornalista o una testata vengono colpiti c’è in ballo la democrazia. La libertà. L’informazione. La libertà di espressione. Il sacrificio di chi si spreme e si consuma e rinuncia alla propria vita per fare questo lavoro. Non rendendosi conto – scusate ma l’avevo detto qualche anno fa – che avanti di questo passo sarà sempre peggio. L’attacco alla stampa avviene anche quando vado in giro e mi sento dare della puttana. Quando vedi i cartelli o ti mandano le foto con scritto “giornalista merda”. Quando la gente commenta sotto i tuoi post – gente che fino all’altro ieri ti chiamava perché aveva bisogno – ecco quando gente commenta “venduta, giornalaia, ridicola”. L’attacco alla stampa avviene anche quando ti rispondono che c’è la privacy, che alcune informazioni non si possono dare – pur vigendo il diritto di cronaca – e poi te li ritrovi a fare conferenza stampa solo per vedersi incensare. L’attacco alla stampa avviene quando le domande scomode non si possono fare, quando chi dovrebbe rispondere ti deride, ti sputa in faccia, ti sbatte la porta. Quando le domande scomode vengono viste come simbolo di appartenenza. L’attacco alla stampa si verifica anche quando ti danno della sciacalla, quando li chiami e ti rispondono “io dei giornalisti non mi fido”, del resto la nostra premier ha detto lei stessa al ciuffo arancione che con la stampa italiana non parla. L’attacco alla stampa avviene anche quando ti arrivano i carabinieri a casa – proprio oggi ho apposto la mia firma sotto la didascalia indagata – imputata , de che poi? – l’attacco alla stampa avviene anche quando non puoi fare il tuo lavoro, quando sei precario, quando mi pagavano dieci euro a pezzo, quando non hai nessuno che possa difenderti se fai un’inchiesta seria.
Del resto se la gente visualizza di più i culi della modella di turno o fa inchieste se il succo all’ananas faccia eiaculare prima o meno, forse ad attaccare la stampa siamo tutti. E una mano sulla coscienza dovremmo mettercela.

sbetti


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