La corte dei Conti ha bloccato il Ponte sullo Stretto di Messina. E ovviamente la colpa è dei giudici. Perché è ovvio che ogni qual volta ci sia una sentenza contro l’operato del Governo, la colpa sia dei giudici. Una congiura. Una cospirazione che si abbatte su Palazzo Chigi che mica te lo spieghi.
E infatti.
Quest’estate al mare, accanto al mio ombrellone c’erano due famiglie di siciliani e una giovane coppia di amici, siciliani anche loro.
Un giorno parlando del più e del meno viene fuori questo discorso. Loro mi dicono che il Ponte non serve. Che i problemi in Sicilia sono altri. Allora io gli chiedo quali e loro partono in un profluvio di parole, un flusso copioso e ininterrotto di argomenti che dalle tre del pomeriggio siamo rimasti fino a tramonto inoltrato.
Mi dicono che in Sicilia non ci sono le strade. Esiste un enorme grosso problema di viabilità. La gente per spostarsi da una città all’altra ci va in pullman perché in alcune zone manco i treni ci sono. Non ci sono i mezzi pubblici che funzionano. Non ci sono le corse. Da Trapani a Messina ci si impiega dalle sei alle otto ore.
Ci posso credere, una mia amica per andate da Catania a Palermo impiega ore e ore in una strada che – mi ha raccontato – dire dissestata è dire poco. Un cantiere aperto. E quando piove apriti cielo.
Poi non ci sono le carceri. Non ci sono strutture adeguate. Avevo fatto una inchiesta per l’Espresso sulle carceri a Palermo.
Uno aveva fatto in tempo a perdere l’occhio perché non riusciva a essere operato. Al Gazzi di Messina la situazione è oltre il limite. Esami rinviati per mesi e anche per anni. Al carcere di Brucoli ques’estate per giorni con 38 gradi, è andata via la luce e mancava l’acqua. A Trapani si suicidano.
Poi la sanità. Ah oddio la sanità. Questi mi hanno detto che non ci sono gli ospedali, i posti letto, i macchinari, che al pronto soccorso non ci vanno nemmeno perché ti tengono lì cinque giorni. Che ci sono ospedali dismessi. Che negli ospedali ci sono le blatte. I topi. Lo sporco. Gli ospedali siciliani sono a livelli di Terzo Mondo. Gli infermieri lavorano con stipendi da fame.
Anche qui sempre per l’Espresso ci avevo fatto un’inchiesta. L’ospedale di Catania cade a pezzi. L’ascensore è una roba sconvolgente. Nella pre sala operatoria piove dentro. Mancano pure le porte che si chiudono, ergo ci può accedere chiunque.
E poi la sanità in senso stretto. Ma ve la ricordate? Dio ve la ricordate Maria Cristina Gallo. Lei l’avevo intervistata. Era stata lei a tirare fuori la storia dei referti istologici in ritardo di otto mesi. Poche settimane fa è morta.
E poi mi hanno detto che mancano i servizi pubblici, le scuole, che per andare a scuola devi fare chilometri.
Ma il Ponte. Cos’è il Ponte. Il Ponte non è che un mausoleo all’ego ipertrofico di Salvini. Un monumento a se stesso. Salvini pensa che quando non sarà più in politica, qualcuno lo ricorderà per il Ponte di Messina. Il Ponte non è che il lasciapassare per una carriera politica ormai finita, che più volte si è riciclata, e probabilmente pensa che facendo il Ponte acquisterà più anni di vita, politicamente parlando. Un po’ come i bonus, le stelline, quelle robe che ti danno quando giochi con i videogame e acquisti dieci punti di vita. Peccato però che la Sicilia non sia un videogioco. La Sicilia è vera, reale, nuda, cruda, se ne sta spietata e attenta e non concede sconti. Ma poi Salvini, la Lega. Ma ve li ricordate i tempi in cui il Meridione – per loro – faceva schifo – e va bene uno cambia idea – ma il Ponte di Messina con tutti i disastri che albergano in questo Paese, non è proprio la priorità. Il Ponte è specchietto per le allodole. Ho fallito da altre parti e ora acceco la gente con il Ponte sullo Stretto.
Tredici miliardi sono una cifra che i siciliani meriterebbero vedere investiti da altre parti. Ma ovviamente adesso la colpa è dei giudici. Della corte dei conti. Che appunto i conti li fa. Voi contate solo i voti. Occhio, perché tra poco manco quelli.

sbetti


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