È molto difficile riuscire a stabilire un confine tra la cronaca e la polemica. Mi congratulo con chi ha già tutte le risposte. E sa tutto. Tra la legalità e sofferenza.
Tra la giustizia e il dolore vissuto sulla pelle degli altri. Corre come un filo sul labile versante delle nostre vite e tenta di aggrapparsi alle nostre convinzioni, ai nostri pregiudizi, alle nostre certezze. Lo senti vivo quel dolore quando gracchia come un panno incatramato che non assorbe nemmeno più l’acqua. Ci sono sofferenze e disperazioni corrosive, diventano cancrene che asportano via anche le pelli più dure, più ferrose, più arrugginite. Solo che a furia di grattare, non rimane più niente.
Martedì sono stata a Verona per seguire il terribile caso dell’esplosione di Castel d’Azzano. La storia nella sua brutalità, nella sua cecità, nella sua bruttezza, nella sua cronaca fredda semplice dura e cruda è questa. Perché la cronaca non ammette transizioni, dissolvenze, effetti magici. La cronaca è quella.
A Castel d’Azzano in cinquanta carabinieri si sono presentati l’altra notte a casa di Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi. Dovevano – chiarirà in seguito il procuratore Raffaele Tito – effettuare una perquisizione. I droni avevano rivelato la presenza di molotov e di bombole sopra il tetto e le forze dell’ordine sono andate lì per scongiurare il peggio. Alla vista dei militari Maria Luisa ha azionato la bombola con l’accendino e ha fatto esplodere la casa. Lei con il fratello Dino è stata subito arrestata. Il fratello Franco è stato ritrovato in mattinata fuga in mezzo ai campi.
Epperò la loro vicenda si sapeva. E sta scritto in un articolo dell’Arena, il quotidiano di Verona, il 30 novembre 2024. “Allevatore disperato: io e mia sorella soli e abbandonati”.
In paese, mormorano, tutti sapevano che prima o poi la situazione sarebbe degenerata. Ed è finita nel più terribile dei modi. Una conclusione drammatica per una vicenda che si trascina da anni. Tre carabinieri morti e 25 feriti.
Il padre dei fratelli Ramponi è morto qualche anno fa, la mamma anche, ma loro hanno sempre vissuto qui tutti insieme.
Dopo un incidente costato la vita a un abitante del posto, costui si era infilato sotto al trattore dei fratelli che viaggiava quella notte – era il 2012 – a fari spenti, loro si erano mangiati tutto nel risarcimento. Poi i debiti, il mutuo, la difficoltà a far fronte alle spese, le ipoteche, l’asta e le banche che si riprendono tutto.
A ottobre 2024 l’ufficiale giudiziario si era già presentato a casa loro, ma in quell’occasione il fratello Dino aveva riempito la casa di gas aprendo le bombole. E l’ufficiale non era entrato. Ci era tornato un mese dopo, accompagnato dalle forze dell’ordine e dai vigili del fuoco ma anche in questo caso Franco e Maria Luisa avevano opposto resistenza salendo sul tetto. “Erano molto soli”, commenta qualcuno in paese mentre alle undici del mattino consuma il secondo bianchetto. Anche il parroco don Marco Vezzari dice che sono “vittime del disagio, minacciarono già gesti estremi”. Quando l’isolamento ti emargina, poi conduce alla disperazione.
In questa terribile tragedia sono morti tre militari, servitori dello Stato, e sono morti per uno sfratto. Nemmeno quando sono andati a prendersi Matteo Messina Denaro che tanto ce l’avevamo in casa e non ce ne siamo accorti.
Marco Piffari 56 anni – domani sul Fatto trovate le parole della zia di Marco – Davide Bernardello 36 anni e Valerio Daprà, 56 anni sono stati mandati a fare il loro dovere. Non è possibile partire di casa e non rientrare mai più.
Ma quando accadono queste cose e quando i bagliori del giorno lasciano spazio ai nuvoloni pieni di inchiostro della notte, quello che rimane è tanta tristezza. Si poteva fare qualcosa? Si poteva intervenire in altro modo? Chiedo anche ai servizi sociali. Perché quando ci sono situazioni di sofferenza il mondo si volta dall’altra parte?
Il comune di Castel d’Azzano vanta tre deleghe al Sociale, di cui una è in capo al sindaco. Domani trovate quello che mi ha detto sul Fatto.
Io non lo so cosa sia giusto e cosa no. Se ORA questo caos, questo coro, questa nenia, questo spadroneggiar di scudi ORA, questo mostrar di muscoli, questo rumore assordante che ha tolto di mezzo il silenzio di anni, sia efficace.
So che quello che ha coinvolto la comunità di Castel d’Azzano, non è solo un fatto di cronaca. Investe il sociale, la politica, la vita. Riguarda tutti noi.
Di quanto siamo disposti a lottare, perché ognuno nel mondo faccia la propria parte.

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