
Il 20 luglio 2001 a Genova, Carlo Giuliani viene ucciso da un colpo di pistola sparato in testa da un carabiniere. Giuliani cadde a terra ancora vivo. E venne investito due volte da un mezzo. Ma nonostante questo non ricevette alcun soccorso dalle forze di polizia lì presenti. Il carabiniere Mario Placanica venne assolto perché – dissero – avesse agito per legittima difesa. Giuliani stava tentando di colpirlo con un estintore.
In quel giorno nella città si verificarono violenti scontri tra manifestanti no global e forze dell’ordine e al termine del G8 nella notte del 21 luglio, i reparti mobili della polizia fecero irruzione nella scuola Diaz, sede del coordinamento del Genoa Social Forum.
Qui ci dormivano 93 persone tra studenti, attivisti, giornalisti, osservatori legali. Ma la polizia, dall’alto, ricevette ordine di sgomberare la scuola. All’esterno c’erano 400 agenti di vari reparti.
E l’irruzione nella scuola diventò una vera e propria spedizione punitiva. Un vero e proprio massacro come lo definí poi la Cassazione. “Un massacro ingiustificabile” per un “puro esercizio di violenza”, contro persone inermi, contro persone che dormivano, contro persone che alzavano le mani in segno di resa. Dopo un pestaggio definito “da macelleria messicana”, furono fermati 93 attivisti, 63 dei quali portati poi in ospedale, uno in coma e tre in prognosi riservata.
Il film Diaz, di Daniele Vicari, racconta bene il tutto. Scene raccapriccianti, allucinanti, da far venire il vomito anche ai più forti di stomaco. Si vede la polizia entrare, fare irruzione, menare con una ferocia inaudita queste persone, donne, uomini, giovani, anziani, tutti finivano sotto le botte di manganelli e calci. Concita De Gregorio entrata poco dopo nell’edificio descrive bene quelle scene. Sangue ovunque. “Sangue vivo, scivoloso e lucido come sciroppo di lampone. Bibbia, rotolo di carta igienica, sangue. Assorbenti, barattolo di olive, sveglia da viaggio, sangue”. Il sangue infatti scorre a litri. Sofferenza, spasimi, e tribolazioni. Qualcuno respira male. Chi si copre la faccia inondata di sangue. E la polizia che, “assetata di vendetta”, continua a manganellare. A colpire. Così come fossero dei sacchi di patate. Come se sotto i loro piedi non avessero esseri umani. Come se quel dolore non potesse provocare la morte.
Nel film si vedono anche donne denudate, svergognate, in una orgia di orrore che ti chiedi come, nel 2001, sia mai potuta accadere.
Fu il ministro dell’Interno Claudio Scajola, mesi dopo, ad ammettere di avere ordinato alle forze di polizia, nella serata del 20 luglio, di sparare sui manifestanti nel caso avessero sfondato la zona rossa. Ma ascoltato dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, Scajola ritrattò le proprie dichiarazioni e disse di non aver dato l’ordine di sparare, ma di aver detto di “alzare il livello delle misure di sicurezza all’interno della zona rossa”.
Il 18 maggio 2010 la Corte d’Appello di Genova condannò 25 imputati su 27, tra dirigenti, vertici della polizia, rappresentanti, le cui pene complessive superavano i 98 anni di galera. Ma nessuno dei condannati ha mai scontato il carcere. La tortura nel nostro codice non era prevista. E grazie a istituti come prescrizione – reati del genere si prescrivono? – e indulto, molte pene si estinsero, vennero ridotte o si annullarono.
Il 22 giugno 2017 la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia accogliendo i ricorsi di 42 persone, presenti nelle scuole Diaz e Pascoli.
Ma nonostante i vari processi e l’interessamento da parte di tutta la comunità internazionale, si mossero anche le organizzazioni per i diritti dell’uomo, la maggior parte delle violazioni dei perpetuate dalle forze di sicurezza italiane restarono impunite. E nessuno di loro pagò. Anzi. Qualcuno venne addirittura promosso.
Ora pensateci.
Pensateci quando applaudite i manganelli, quando chiedete più potere alle forze dell’ordine. Quando appoggiate le divise e ve la prendete sempre e solo con i poveracci. Con gli idealisti che cozzano con i lacché che eseguono ordini. Quando acclamate ed elogiate e battete le mani se la polizia porta via di peso i manifestanti. È accaduto a venezia per il matrimonio di Bezos. Manifestanti assolutamente pacifici, portati via con la forza – nonostante si fossero identificati – visti con i miei occhi. Pensateci quando non tollerate un pensiero diverso. Quando appoggiate sgomberi, atteggiamenti squadristi, condotte para militari, nonché il bavaglio ai giornalisti.
Pensateci. Perché dentro quella scuola un giorno potrebbero esserci i vostri figli.
sbetti
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