L’altro ieri ho fatto una lunga chiacchierata con quel commerciante di Parma minacciato di morte da due ragazzini di 12 anni, appartenenti alle baby gang.
Nel mentre ci stavamo parlando, un gruppo di ragazzetti passava davanti al suo negozio, e uno, così a caso, ha dato un calcio allo specchietto di una bici che era lì parcheggiata.
Vorrei vedere se accadesse il contrario. Ossia se qualche nostro fanciullo vada in qualche bel Paese, uno di quelli dove le donne sono incelofanate dentro una tenda, e cominciasse a tirare calci alle bici, così a caso, cosa succederebbe.
“Qui sempre così – mi dice – ormai la gente non esce più di casa. Mi credi? Mi credi? Scusa ti do del tu, ma ti sento così giovane”.
Giovanni, nome di fantasia perché vuol evitare ancora ritorsioni, è un fiume in piena.
Mi parla per un’ora, senza mai fermarsi. Senza mai perdere la cognizione di ciò che deve dire. E quando perde il filo, si ferma, voce iraconda ma risoluta, e ricomincia spiegandomi tutto per filo e per segno.
“Io ti posso dire una cosa – mi dice – che noi dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterci difendere. Io non posso aspettare che arrivino le forze dell’ordine e intanto questi son già entrati dentro al mio locale e magari nel frattempo le ho anche prese, le chiamo sì le forze dell’ordine, ma se mi aggrediscono ho la mazza da baseball pronta. E con me tanti altri. Noi siamo pronti, adesso basta”.
A Giovanni gli sono entrati dentro al locale. “Dov’è signore di negozio?”, hanno chiesto. “Io ti uccido”.
Il triste epilogo nasce perché Giovanni qualche settimana fa, era intervenuto fermando una aggressione in pieno centro. Un branco di ragazzini, che vive in alcune comunità, stava menando e picchiando un anziano signore.
Giovanni che ha famiglia, va di matto, interviene, blocca i ragazzini, salva il signore, chiama i carabinieri e li fa fermare. Ma dopo i dovuti controlli, i teppisti sono stati rilasciati. Così dopo qualche giorno, questi sono tornati nel suo negozio: “Tu amico di carabiniere. Tu non ti fai gli affari tuoi? E noi ti ammazziamo”. “Ora capisci – mi dice Giovanni – perché sono così incazzato. Capisci? Io qui ci lavoro. Non posso venire a lavorare ogni volta con questo stato di tensione e angoscia e paura e spavento. Qui ormai i padroni sono diventati loro. Menano, spaccano tutto, aggrediscono la gente, fanno a botte, danno calci e pugni e non hanno mai preso uno schiaffo in vita loro. E se li tocchi con un dito ci passi i guai. Son stranieri, son minorenni, non si può fare niente, ma noi me lo spieghi cosa dovremmo fare? Come facciamo a lavorare in queste condizioni? O cambiano le leggi, o dobbiamo cambiare noi perché così è impossibile andare avanti. Se viene qualcuno mi devo poter difendere. Voglio stare tranquillo”. Giovanni mi spiega che qui accanto hanno appena messo un cantiere, spento le luci, “tra un po’ farà buio prima, scenderà la nebbia, dobbiamo camminare per Parma con la paura che qualcuno ci molli una coltellata?”. Mi racconta sempre Giovanni che un giorno un ragazzino di questi con un monopattino ha stirato il cagnolino di una persona e ora il cane è senza una gamba. “Quando ho chiamato la polizia – mi dice – il poliziotto mi ha detto: noi dobbiamo andare dietro ai criminali veri. No, voi non avete capito. Questa è una foresta che sta crescendo. Questi sono i nuovi criminali”.
Ma tanto tutto normale vero? Ormai è diventato tollerabile tutto. In Italia – non capisco davvero sta gente che dice che non c’è libertà – veramente puoi fare quel cazz che ti pare.
Anche pestare un anziano. E nessuno ti farà niente.

sbetti

Foto: Gazzetta di Parma


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