No ma va bene. Va benissimo. L’Ordine dei giornalisti fa bene a esserci. Fa bene a sanzionare le – all’epoca – giovani croniste per aver scritto “eravamo una famiglia felice”. E non sanziona quei giornalisti scafati che in tre mesi sono andati avanti a pubblicare di tutto sull’omicidio Turetta. L’Ordine fa bene lì a non intervenire.
Perché giustamente, giustamente, sapere quante coltellate ha mollato Turetta, sapere se una coltellata è partita con la mano destra, o una con la mano sinistra, sapere se nel mentre Turetta stava facendo qualche acrobazia sopra al corpo di Giulia, sapere l’ angolatura del coltello piazzato all’altezza della carotide, sapere cosa avesse mangiato Turetta quella sera, sapere la marca del nastro isolante adoperato da Turetta per legare Giulia – con il più totale disprezzo e mancanza di rispetto ed empatia scusate verso i genitori della vittima – ecco sapere tutto questo è ovviamente importante. È importante per la collettività. Per la società. Per il benessere psicofisico delle persone. È importante per garantire il rispetto del diritto e del dovere di cronaca. Non sentite come pronunciano la parola “dovere di cronaca”?
Sembra abbiano un pomo in bocca. Ecco tutto questo è essenziale, per raccontare e narrare i fatti. Essenzialissimo. Così talmente essenziale che qualche altro psicopatico in Italia ha provato a imitarlo.
Lo squilibrato che nei social inneggiava a Turetta, è un ragazzo albanese di 17 anni. Conosce su internet Maria, di anni 42 e fissano un appuntamento al buio. I due si incontrano. Maria si fa accompagnare dalla sorella, ma dopo un po’ sparisce. Lei e lui hanno un rapporto sessuale. Poi lui la uccide. La strozza. La soffoca. Le sferra dei pugni. E nasconde il cadavere vicino casa. Sul cellulare di lui gli inquirenti trovano ricerche del tipo: “come fare sesso estremo”, “come soffocare una donna”. “Volevo sapere cosa si provava”, ha detto il giovane.
Ma ovviamente. Ovviamente come in un grande palco dove all’improvviso si spengono i riflettori, e rimane acceso un faro, ecco la luce spostarsi su di lei. La morta. La vittima. Lei che non doveva andare all’appuntamento. Lei che: “cosa ci è andata a fare?”. Come in un ritornello ormai sbiadito e daltonico, la gente ripete sempre quello. La colpa è sempre della donna. Invece pubblicare post che inneggiano alla violenza contro le donne, quello rientra nella libertà di pensiero. E pubblicare per filo e per segno le ferite inferte sul corpo di Giulia, ah quello, quello è diritto di cronaca.

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