Eccola l’ Eurabia. Eccola. Piazza Duomo, Milano. Capodanno 2024. Eccola l’Eurabia che si prende le nostre piazze. Che prende forma, che si impossessa delle nostre tradizioni e ci impone i suoi costumi. L’ultimo dell’anno, saranno felici i talebani dell’accoglienza indiscriminata, in piazza a Milano – io ero presente – c’erano solo loro. Gli immigrati. Gli stranieri.
Non c’era un italiano nemmeno a pagarlo oro. La lingua prevalente era l’arabo. Ovunque ti voltavi, non vedevi altro che musulmani, islamici, bandiere rosse con la stella a punte, ragazzini di seconda generazione, bande di nordafricani, baby gang. Sono loro che si sono prese le nostre piazze. Issati come si issano i pennoni al centro della piazza, popolavano i gradini gridando in coro e sventolando le bandiere del Marocco.
Sono scesa a Milano domenica pomeriggio dopo un viaggio sospeso tra la nebbia e i pensieri umidi che mi affollavano la testa.
Guardavo fuori da quel finestrino e vedevo nient’altro che foschia, veli di caligine, coltre; i campi coltivati coperti di brina si susseguivano uno dopo l’altro che parevano formare un tutt’uno. Sembravano dipinti con l’acquerello, usando l’acqua sporca intinta di nero che si fa grigio. Ogni tanto tra le teste assonnate di un Frecciarossa semivuoto spuntava qualche albero denutrito, spoglio, scarnificato, magro. Fino a che non sono scesa in Centrale. Il clima era spettrale. Cupo. Angosciante. E angoscioso.
Scendo e mi pareva di essere su un’altra dimensione, non c’era il solito tran tran dei giorni feriali, o di quelli festivi; l’ultimo dell’anno è sempre un giorno di trapasso, un giorno che si porta il peso del tracollo dei 364 andati e la foga di quelli che verranno, i buoni propositi, la lunga lista di cose da fare, l’agenda, i sorrisi dimenticati. Prendo un taxi e appena giungo sul posto, a indicarmi la via ci sta un bengalese. La stazione infatti era vuota, non c’erano le solite panchine piene di immigrati o gli ammassi di gente che dorme per terra, noncurante di tutto e di tutti. Gli immigrati, i ragazzini, avevano già iniziato la lunga processione verso Piazza Duomo. Le bottiglie rotte per terra. La città spenta e frastornata dal fragore dei primi petardi. Le loro grida. Le loro forsennate urla. E le bandiere. “Milano oggi – per loro – è come Baghdad”. E infatti arrivata in Galleria Vittorio Emanuele II eccoli gli stranieri che arrivano uno dopo l’altro.Arrivano a frotte. Non li ferma nessuno. Sono dieci, venti, cento, mille. Sono tantissimi e come in un formicaio invadono lo slargo. Acquartierate attorno alla piazza, ci sono le baby gang e le bande dei ragazzini di seconda generazione. Fumano. Bevono. Girano canne. Urlano. Gridano. La droga qui scorre a fiumi. Il Capodanno è il loro. La piazza anche. “Io italiano! Io italiano! Questa casa mia”, mi grida in faccia un ragazzo marocchino. C’avrà all’incirca 16 anni. Attorno a lui i suoi amici con bottiglie di birra, pezzi di vetro e petardi in mano. Il boato dei botti si propaga in galleria. E il frastuono spacca i timpani.
Ma manca veramente poco, e la polizia di Stato è costretta a intervenire. Caschi, scudi, manganelli. La polizia avanza tra la folla. E procede verso la piazza. Come al solito è lo scontro di civiltà che esplode. Nel quartiere San Siro, scoppia la guerriglia. Lo scontro, ancora una volta, è tra la polizia e gli immigrati. I giovani cercano di aggredire gli agenti. Gridano loro: “Figli di p****ttana”, “pezzi di m….”, “sbirri”. Lanciano sassi. E sparano colpi con le pistole. Tutt’attorno è il caos.
Oriana Fallaci lo aveva predetto. E la sua non era un’invenzione. Ma non è stata compresa. La vedevano come una delirante.
Oggi le sue parole hanno il suono della profezia. Scrive la Fallaci ne La Rabbia e l’Orgoglio: “Sveglia, gente, sveglia! Intimiditi come siete dalla paura d’andar contro corrente – oppure d’apparire razzisti, (parola oltretutto impropria perché il discorso non è su una razza, è su una religione) – non capite o non volete capire che qui è in atto una Crociata all’Inverso. Abituati come siete al doppio gioco, accecati come siete dalla miopia e dalla cretineria dei Politically Correct, non capite o non volete capire che qui è in atto una guerra di religione. (…) Una guerra che essi chiamano Jihad, Guerra Santa.
Una guerra che mira alla conquista del nostro territorio(…) Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. All’annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare o non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci. Non capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare (…) E con quello distruggerà la nostra cultura, la nostra arte, la nostra storia…”.
Sveglia gente! Sveglia!
SVEGLIATEVI
sbetti


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