In questi giorni di sconvolgimento, di estremo stordimento, un po’ alla volta, senza rendermene conto si è fatta strada in me una domanda.
Ha risalito l’arido crinale, come quando l’olio risale dall’acqua, e galleggia.
Ci galleggia sopra l’acqua, sopra quel peso maggiore che è il corpo di Giulia e sta lì e pare quasi che ti guardi. Ti guarda con i suoi occhi inorriditi ferrei, con il suo colore giallognolo, verde marcio, che pare quasi quello del vomito. E non se ne va.
Fino a che non getti il bicchiere, fino a che non lo mandi in mille frantumi. Fino a che non decidi di svuotarlo. E allora c’è questa domanda che mi è risalita in testa, come fa l’olio con l’acqua e che da due giorni sta lì e galleggia.
Che ne sarà. Che ne sarà dei genitori e del fratello di Filippo. Che ne sarà di questi due, padre e madre, travolti da una tragedia indicibile. Non si racconta. Non si narra. Non si capisce. Non si comprende. Impossibile sarebbe.
Nicola Turetta ed Elisabetta Martini vedono le loro vite distrutte. La loro vita è stata devastata per sempre. Stasera ho chiesto a un mio collega come al mondo possa esistere così tanto male, perché forse è vero, parafrasando le parole del padre, e lasciando intendere quello che un padre non vorrebbe mai per il proprio figlio, che tale vicenda “meritava” un finale diverso.
Un esito che affievolisse quel peso sul cuore, che gli togliesse l’angoscia che a vita avranno questi genitori distrutti e travolti da questo immenso dolore.
In questi giorni molti sono andati davanti casa loro – tanto che l’hanno chiamata la seconda Cogne – gente andata lì a curiosare, a farsi i selfie, a inveire contro un mostro, che rimane sempre pur sempre il figlio di qualcuno.
Gente andata lì in processione, disegnando un vero e proprio girone dantesco da turismo dell’orrore. Il turismo della morte, del dolore. Questa famiglia ha avuto per giorni davanti casa appostati giornalisti, telecamere, volti, inviati, microfoni, auto. Ma quando sarà tutto passato – non finito, perché una tragedia simile no finisce mai, te la porti dentro per la vita che ti rimane e fa un male cane, ti strugge il cuore, te lo schianta il cuore, lo prende e come un masso lo lancia sul muro e fino a che non si sarà dissanguato e spolpato continuerà a sanguinare ancora – ecco mi chiedo quando sarà tutto passato, mi chiedo che ne sarà di questi genitori. Di queste loro vite, travolte da un giorno all’altro nell’abisso dei giorni peggiori, che ne sarà di quella madre quando vedrà gli occhi del proprio figlio. Quello che lei ha tenuto in grembo. Quello che lei ha avuto in pancia per nove mesi. Quello che lei ha partorito urlando al mondo intero che stava per nascere una nuova vita. Che ne sarà di quella madre quando si accorgerà che gli occhi del figlio saranno i suoi. Che le mani del figlio saranno quelle che lei ha stretto per anni. Che ne sarà quando penserà che lei l’ha messo al mondo.
Non serve colpevolizzare questi genitori. Lasciateli in pace. Hanno già i loro macigni sul cuore.
sbetti

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