La Verità – 1 agosto 2023.

Rubano i motori dei barchini dei migranti e poi li rivendono a caro prezzo agli scafisti. Per un motore possono arrivare a chiedere anche 15 mila euro. 

È questo uno degli esiti inquietanti dell’ultima inchiesta della procura di Agrigento.

Il tutto avviene nel canale di Sicilia, la rotta delle migrazioni più pericolosa a livello mondiale e ora anche teatro di pirateria marittima. 

Sono nordafricani, si fingono pescatori, si trasformano in pirati e minacciano i migranti in mare. Con i loro pescherecci inseguono i barconi dei naufragi che viaggiano verso le coste siciliane, poi se questi desistono, i pirati si mettono di traverso, sbarrano loro il percorso, li costringono a fermarsi e li minacciano con dei coltelli.

Prima rubano i motori delle “carrette”, poi lasciato a piedi il natante, depredano e fanno razzia di tutto, dai soldi, ai cellulari, lasciando i disperati senza possibilità alcuna di chiamare i soccorsi.

Quattro di loro, tunisini, tutti dai 43 ai 50 anni, sono già stati fermati dalla squadra mobile di Agrigento, dalla sezione operativa navale della guardia di finanza e dai militari della guardia costiera di Lampedusa. 

E si tratta del comandante e dell’equipaggio del motopesca “Assyl Salah”. Gli investigatori sono giunti a loro grazie alle testimonianze di alcuni superstiti del naufragio del 23 luglio scorso, in acque sar maltesi, ossia le zone search and rescue, quelle di salvataggio. Quel giorno ci furono 5 dispersi tra cui un bimbo. Trentasette vennero sbarcati a Lampedusa e 16 di loro, a causa di ustioni sparse in tutto il corpo e ipotermia, vennero portati nel poliambulatorio per essere medicati. Raccontarono che erano in 43, forse in 45, e che tra di loro c’erano anche 3 bambini. Dissero di essere partiti da Sfax in Tunisia, come tanti disperati che ogni giorno si imbarcano cercando di raggiungere le nostre coste, e di essere partiti il 22 luglio alle 22 circa. Lì il barchino sul quale erano trasportati venne avvicinato da un peschereccio tunisino che tentò di rubare il motore. Di lì a poco ci fu il naufragio. Agli investigatori però queste testimonianze non giunsero come nuove, c’erano stati episodi simili e da lì gli inquirenti iniziarono a unire i puntini. Si erano già accorti che diversi barchini, prevalentemente di fabbricazione artigianale, arrivavano a Lampedusa senza motore. Già a fine aprile scorso una bambina di appena 4 anni cadde in mare e annegò perché durante la navigazione l’imbarcazione dove viaggiava venne abbordata da un peschereccio tunisino che anche questa volta tentò di depredare tutto.

Il 26 marzo scorso sempre un barchino di sette metri, con 42 persone a bordo, venne trovato alla deriva senza motore, che, stando alle testimonianze fornite dai migranti, era stato rubato proprio da un peschereccio tunisino.

La procura di Agrigento, con a capo il reggente Salvatore Vella, ha dato avvio alle indagini, con un lavoro di approfondimento del fenomeno con il comando generale delle Capitanerie, con il comparto aeronavale della Guardia di Finanza e col mondo dell’accademia universitaria. Tanto che le informazioni acquisite nell’ambito di questa inchiesta sono state condivise con i Paesi esteri tramite i canali Interpol.

E gli esiti sono inquietanti. Gran parte dei barchini soccorsi sono senza motore. E nel Mediterraneo ci sarebbero bande di tunisini, a bordo di pescherecci, che rubano e poi rivendono a caro prezzo agli scafisti i motori dei barchini. Sono stati sequestrati anche motori da 300 cavalli, e il prezzo per un motore, rivelano fonti della Verità, va dai 1000 ai 15 mila euro. Dipende dalla potenza. Quelle presi di mira dai pirati sono le imbarcazioni cariche di gambiani, ivoriani, guineani, senegalesi, sudanesi e burkinabé. Non quelli con i connazionali a bordo. Il gip ha già convalidato i fermi, disponendo a carico degli indagati la custodia cautelare in carcere. Rischiano fino a 20 anni di reclusione.

“Per la polizia giudiziaria – ha detto il procuratore capo Salvatore Vella – diventa sempre più difficile lavorare su Lampedusa, e questo a causa dei numeri incredibili che stiano registrando quest’anno, sia come sbarchi che come migranti che approdano. Oltre al fatto che mancano interpreti”. 

“L’operazione conclusa – dice il questore di Agrigento Emanuele Ricifari – è motivo di orgoglio: ciascuna delle forze di polizia ha svolto la propria competenza. Il risultato traccia una strada per il reato che viene contestato nel nostro ordinamento per la prima volta per fatti avvenuti nel Mediterraneo. In più è un deterrente per chi volesse fare azioni disdicevoli simili”.

“Questi arresti sono la conferma di quanto sia fondamentale contrastare l’immigrazione irregolare – ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi – anche a tutela degli stessi migranti che finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che ne mettono a rischio la vita”. Piantedosi si è appellato al “dovere di tutti gli Stati di agire insieme per sconfiggere questa piaga mondiale che riguarda i Paesi di origine, transito e destinazione delle vittime, per la maggior parte donne e bambini”. 

Serenella Bettin


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