Il ragazzo che mi sfreccia davanti in moto indossa una tuta da meccanico. Una salopette blu. E sotto ha una maglia gialla.
Mi sbuca da dietro in sorpasso, e sorpassandomi, sorpassa anche quelli davanti. Me lo ritrovo al bar quando mi fermo dopo all’incirca dieci minuti. Abbiamo scelto lo stesso posto. Manco farlo a posta. Non indossa più il casco e i capelli nero corvino, più neri della notte, gli scendono lungo il volto. Gli occhi sono scuri. Impavidi. Vivi.
Le dita sono quelle di chi durante il fine settimana indossa tanti anelli e di giorno si mangia le mani a suon di cacciaviti e bulloni. Le mani sono annerite dal nero dei fumi. E lui sorseggia il caffè tenendo la tazzina tra il pollice e il dito medio. È giovane. Avrà all’incirca la mia età. Mi guarda. Lo guardo. Mi dice: “Fa caldo oggi”. Gli rispondo: “Bè dai sopportabile ancora”. “Sì in effetti hai ragione”.
E cominciamo a parlare. Chi sei. Cosa fai. Da dove vieni. Dove vuoi andare. Accade tutto in cinque minuti. Cinque minuti rubati alla sua concessa pausa pranzo di un’ora.
“Ho 35 anni faccio il meccanico. Sono sotto padrone e lo vedi come sono preso. Che devo scappare perché non ho manco tempo per mangiare”.
Ma come non avete la pausa pranzo? “Sì ma il tempo di tornare a casa un attimo, mangiare, ed è già finita”.
E quanto ti pagano al mese. “Al mese prendo 1800 euro, la mia compagna fa la centralinista – precaria – da casa dove le dicono perfino quello che deve dire quando non sa cosa rispondere”.
Sì accade veramente. Se sei in difficolta, qualcuno dall’altra parte della cornetta, mentre sei in pigiama interviene e ti dice cosa devi dire. Prende 700 euro al mese. Con mutuo, assicurazione auto, bollette, spesa aumentata, qualche sfizio perché vivaddio qualche piacere nella vita bisogna anche goderselo, con un figlio in cantiere vivere diventa difficile. “Sai che c’è?”, mi dice lui. “Non mi sento motivato. Sento che non cresco. Dove vado? Sto pensando infatti di andarmene all’estero. Un mio amico l’ha fatto e si trova bene”.
Eccolo, penso. Eccolo là. Eccolo là il giovane tradito dalla vita, emblema di quella gioventù bruciata arsa viva perduta affranta e derelitta. Eccoli lì i giovani che non hanno prospettiva, che non vedono futuro, che non investono su se stessi perché investire su di sé vorrebbe dire passarsi sopra con la macchina. I giovani insoddisfatti. Fragili. Delusi. I giovani non ancora giovani. Ma non ancora vecchi. Caduti in braccio tra le due crisi. I giovani che guardano all’estero. Che se ne vanno. Che migrano. Sradicando ogni punto di riferimento. Ogni legame. Ogni sentimento. “Se la mia ragazza non vuole, faremo su e giù. Oppure ci si divide”. Ci si divide. Quante volte ci si divide per vite diverse. Distorcendo quello che poteva essere.
Nel 2041 mancheranno 3,6 milioni di occupati. Con una popolazione sempre più vecchia che invecchia ogni giorno e non rinasce. Non si fortifica. Non si rigenera. Vanno altrove a seminare i propri frutti. E quelli altrove vengono da noi.

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