Bruno Rossi è da un po’ che non parla. Dentro al cuore conserva un macigno tremendo sigillato a vita in seguito alla morte della figlia. Mi metto in testa che voglio intervistarlo. C’è il caso di Giulia Tramontano e la sua testimonianza può essere importante. Recupero il contatto. Lo chiamo. Ma la prima telefonata non lascia ben sperare. Non mi do per vinta e ci riprovo.
Bruno Rossi ha 83 anni ed è il padre di Martina. Quella ragazza strappata alla vita a 20 anni perché voleva sfuggire a uno stupro. I condannati sono già in semilibertà.
Era agosto 2011. Martina è in vacanza con le amiche a Palma di Maiorca in Spagna. Una notte Martina scappa dalla terrazza dell’albergo dove alloggiava per difendersi da uno stupro e precipita di sotto. Dopo qualche giorno Martina muore. Per i fatti vengono condannati Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, oggi più che trentenni, residenti a Castiglion Fibocchi (Arezzo). La difesa ha sempre sostenuto che Martina si fosse suicidata. Dopo una prima condanna a sei anni, i due vengono assolti in appello, ma la cassazione, il 7 ottobre 2021, dieci anni dopo, li condanna a tre anni per tentata violenza sessuale. L’altra fattispecie, morte in conseguenza di altro reato, si è prescritta e da ottobre scorso i due sono già in semilibertà.
Quando ho parlato con il padre ho visto un uomo distrutto dal dolore. La voce roca. Che si fa flebile. Il cuore in frantumi. E quel dolore che non si rimargina. Non passa. Non si placa. Si esacerbera in una lenta e pacata consapevolezza e rassegnazione. Come la sabbia che si deposita sopra la duna. Come un dromedario senz’acqua che cammina da mesi nel deserto. Rimane lì impresso nel cuore. Bruno lo coccola. Lo culla. Fa in modo che il dolore sia meno doloroso possibile.
Martina era la sua unica figlia. Lei avrebbe dovuto scrivere la sua storia. Lui le aveva affidato le sue memorie. Quelle di un padre. E di un gran lavoratore. Voleva diventare nonno. Ma gli hanno tolto anche un figlio. Quando l’ ho intervistato a un certo punto, parlando delle donne che lavorano, mi ha detto: “Noi lavoravamo entrambi. E quando è nata Martina e mia moglie non c’era, io la chiamavo per sapere come si facesse la pasta. Li ho capito che andava buttata prima l’acqua”.
Come in tutte le cose della vita i passaggi sono fondamentali. Ma è molto inutile continuare a parlare di giornate contro la violenza sulla donna se non si vogliono cambiare le leggi. Se in Italia abbiamo leggi caotiche confuse interpretabili permissive. Se la morte si prescrive e i condannati possono uscire prima di galera. È molto inutile dire alle donne che devono denunciare se ancora non abbiamo fatto un salto culturale. Quello per cui un No deve rimanere no. Quello per cui se vengo a cena da te non vuol dire che ci stia. Le donne continueranno a essere uccise. E chi le ha abusate, con un buon avvocato uscirà di prigione. Prima l’acqua. Poi la pasta…
La mia intervista a Bruno Rossi su Grazia di questa settimana 👇
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