La vicenda terrificante di Giulia Tramontano mi riporta alla memoria la storia di Jennifer Zacconi.
Anche lì fu la furia dell’uomo. La bestialità umana. L’inconcepibile che diventa carne e ossa.
Era la notte tra il 29 e il 30 aprile 2006. Siamo a Martellago, un piccolo paesino in provincia di Venezia. Jennifer aveva appena 22 anni. Ed era incinta al nono mese di gravidanza. Ripeto: il nono.
Al termine di una furiosa lite avvenuta in un distributore di benzina tra lei e il padre del bambino, Lucio Niero – giusto per non fare nomi – lui la picchiò e la massacrò selvaggiamente.
Poi la gettò in una buca ancora viva e la coprì di terra e foglie. Jennifer morì per asfissia così come il suo piccolo che teneva in grembo, Hevan.
Ricordo bene questo fatto. Ancora non facevo la giornalista ma ricordo che quei giorni perfino la minestra faticava a scendere, tanto era l’orrore che appariva tra giornali e televisioni.
Lucio Niero che era sposato e padre di due bimbi, venne condannato nel 2008 a trent’anni di galera. Non voglio usare la parola carcere, perché la parola galera per alcuni soggetti si addice meglio.
Nel 2017 Lucio Niero, a soli undici anni dal delitto, dal duplice omicidio, poté usufruire di un permesso premio.
Ossia per 15 ore, dalle 8.30 alle 23.30 poté uscire di galera e andare a trascorrere una giornata a casa della sorella e del cognato a Castelfranco Veneto. Fu il magistrato di sorveglianza ad accogliere la richiesta presentata da Niero stesso.
Non solo.
Nel 2020, quindi tre anni fa, i giudici della corte d’Appello di Roma, prima sezione civile, ribaltarono la sentenza di primo grado e dissero che non vi era alcun diritto a ottenere un indennizzo dalla presidenza del Consiglio.
Indennizzo che si sarebbe dovuto quantificare in 80 mila euro.
Le toghe infatti stabilirono che la direttiva europea del 2004 in favore delle vittime di reati violenti, non potesse essere applicata.
Dinanzi a questi fatti, in cui non vi è alcuna spiegazione, incomprensibili per gli esseri umani, poi bisogna fare i conti con una giustizia che in Italia purtroppo è diventata una macchina per tritare l’acqua.
sbetti

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