La Marmolada soffre come un cane che non beve da mesi

Libero – Domenica 4 luglio 2022

La Marmolada soffre come un cane che non beve da giorni e semina morti. Sono le 13.45 di domenica 3 luglio, quando un enorme blocco di ghiaccio sulla Marmolada si stacca. Fa decisamente troppo caldo. Dalle immagini video giunte in tempo reale, si vede un’enorme masso staccarsi dal manto, polverizzarsi in una imponente nuvola bianca, prendere la corsa giù in picchiata lungo il pendio della montagna, e franare a picco a valle travolgendo e portandosi dietro un’immane mole di ghiaccio melma detriti che si abbatte su tutto ciò che incontra.

La montagna che rigurgita il ghiaccio, lo vomita, lasciando dietro una scia di disperazione e morte.Sono almeno sei le vittime. Ieri pomeriggio una dozzina erano i dispersi, poi scesi a dieci e almeno otto i feriti. Di cui due stranieri. Il crollo è avvenuto sul gruppo montuoso delle Alpi orientali al confine tra la provincia di Trento e quella di Belluno, a Punta Rocca, lungo l’itinerario di salita per raggiungere la vetta. In quel momento lì si trovavano due cordate di alpinisti.Almeno venti sono state le persone coinvolte. E proprio qui domenica è stato raggiunto il record delle temperature, con + 10.3 gradi in vetta. Siamo a 3250 metri.

Le immagini del ghiacciaio riprese dal drone, mostrano un manto totalmente secco, scarno, nudo e asciutto.Il ghiacciaio della Marmolada, i primi di luglio, di questa estate così calda che non arresta il suo ciclone, è in condizioni che normalmente si hanno a settembre quando termina la stagione estiva e la montagna appare disidratata. Le scarse precipitazioni, la mancanza di neve e le temperature primaverili decisamente superiori alla media hanno fatto sì che la neve si sciogliesse. Tanto che per il troppo caldo, le operazioni di salvataggio sono state più difficili. Impressionante il plotone impiegato. Il Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico con il capo delegazione Alex Barattin ha subito attivato tutte le stazioni della zona con almeno 5 elicotteri e le unità cinofile. I corpi dei feriti e dei morti sarebbero stati estratti dalla massa di ghiaccio. I primi sette feriti sono stati portati d’urgenza negli ospedali di Belluno, Treviso, Trento e Bolzano. Uno in condizioni critiche è stato ricoverato a Treviso. I cinofili del Soccorso Alpino si sono subito attivati per cercare dispersi. Operativi anche due elicotteri del 118 della Ulss di Belluno e operativa anche la protezione civile del Veneto. Attivi anche i colleghi dell’Alto Adige.

Secondo le testimonianze il blocco di ghiaccio si è spezzato in due punti e per il rischio di nuovi crolli sono stati evacuati i rifugi. Diciotto sono le persone fatte evacuare dalla cima di Punta Rocca. Un testimone racconta di aver sentito: “un rumore fortissimo, poi abbiamo visto la valanga di neve e ghiaccio”.Ieri la Marmolada è stata interdetta al pubblico e ieri sera gli uomini del Soccorso Alpino e speleologico Veneto stavano verificando le auto parcheggiate per cercare di capire quante persone mancassero all’appello. Ad attivarsi e raggiungere il passo Fedaia anche l’assessore regionale veneto alla Protezione Civile, Giampaolo Bottacin. E a giungere sul posto anche il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti.“Quanto è successo oggi sulla Marmolada è una tragedia che ci tocca tutti e che ci colpisce profondamente. – ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia – siamo in campo con tutte le forze possibili e vicini ai familiari delle vittime”. Il cordoglio è arrivato anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi. “Il Governo è vicino alle famiglie delle vittime e a tutti i feriti”.

Serenella Bettin

LE ALTRE TRAGEDIE

Sarebbero 508 i fenomeni accaduti dal 2000 al 2020 di frane, colate di detriti e pezzi di ghiacciai che si frantumano. Legambiente e il Comitato Glaciologico Italiano (CGI), in occasione della Giornata internazionale della Montagna dell’anno scorso, avevano lanciato l’allarme presentando il report finale di Carovana dei ghiacciai.Un viaggio attraverso le Alpi in cui si fa il punto sullo stato di salute sulle montagne italiane.Alpi sempre più fragili, vulnerabili, gracili.Tra il 1850 e il 1975 i ghiacciai delle Alpi europee hanno perso circa la metà del loro volume. E il 25% si è perso tra il 1975 e il 2000. Il 10 – 15% invece se n’è andato nei primi cinque anni del nostro secolo.Un mese fa alcuni seracchi di ghiaccio sono crollati sul versante svizzero del massiccio del Grand Combin – la vetta più alta della catena alpina di confine tra il Monte Bianco e la Dent d’ Hérens – travolgendo 17 alpinisti. Il bilancio è stato di due morti e nove feriti.Episodi che suonano come un campanello d’allarme anche perché già nel 2020 una valanga aveva completamente distrutto lo storico rifugio di Pian dei Fiacconi ai piedi della Marmolada. Per fortuna nel rifugio non c’era nessuno.Tra il 2018 e il 2019 poi, sono stati 42 sono stati gli incidenti dovuti alle valanghe. Una mortalità elevata. Secondo l’Istituto per lo Studio neve e valanghe, tra il 2021 e il 2022 (esclusa la tragedia di ieri) le vittime sarebbero 14.Nel 2009 poi la massa nevosa che si è distaccata da Punta Penia sempre sulla Marmolada poteva provocare una tragedia.Come quella del 17 febbraio 1991 a Courmayeur (Aosta) dove una valanga travolse e uccise 12 sciatori. La tragedia del Pavillon.Qui nell’accumulo di valanga vennero trovati blocchi di ghiaccio di 50 – 60 centimetri. Dalle perizie risultò che la valanga fu con tutta probabilità – fonte Atlante climatico della Valle d’Aosta – provocata dal distacco di un serracco di notevoli dimensioni dal ghiacciaio pensile del Colle del Gigante.

Serenella Bettin

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