
Ieri al bar mi si avvicina una donna.
Ucraina. Voleva una ricarica del telefono per chiamare i suoi parenti. L’ho guardata.
Aveva gli occhi gonfi. Pieni di pianto. Il volto colava angoscia e disperazione.
I capelli malconci, i vestiti anche, una di quelle donne che dalla vita hanno avuto poco e si sono assuefatte. Non rinvigorite dalla droga del volere.
Chi glielo dice che forse la sua chiamata non sarà mai gestita. Vaglielo a spiegare.
In queste ore folli si continua a combattere a Kiev, Kharkiv e in altre zone dell’Ucraina.
Quelle che stiamo vivendo sono ore drammatiche. Non solo per loro. Per tutti noi. Tutto il mondo guarda col fiato sospeso quell’imponente fazzoletto di terra dove ora si fanno la guerra.
La Russia ha schierato il suo esercito più forte. Ma Kiev non molla. I russi hanno colpito i centri di comando. Il presidente dell’Ucraina ha incitato il popolo alla Resistenza e ieri sera Mosca ha bombardato l’ospedale pediatrico. Un bimbo è rimasto ucciso. E due sono rimasti feriti.
È la guerra dei bambini.
Il prezzo per la libertà. A Dnipro un rifugio antiaereo è diventato una terapia intensiva per i neonati. I piccoli dall’ospedale pediatrico sono stati trasferiti qui in braccio dalle infermiere.
In un video diffuso nei social si vedono anche i soldati sfilare accanto a quelli che prima erano luoghi di ritrovo. I parchi per bambini. Fermi. Le giostrine immobili. Vuote. Solo il vento muove qualche altalena.
Le sirene si fanno sempre più intese. E nei rifugi pieni di profughi qualcuno porta i giochi per i più piccoli. Quando sentono i missili, hanno detto le infermiere, dicono alle madri di stare calme e ai bambini di correre nel rifugio perché è un gioco. Così.
Come una playstation. Ma in realtà il terrore li travolge.
Una bimba è nata due notti fa nella stazione metropolitana di Kiev. Si chiama Mia. Nei social l’hanno ribattezzata Libertà. Le immagini che arrivano sono inquietanti.
Un video mostra un carro armato che passa sopra una macchina e la schiaccia.
I papà vanno al fronte in lacrime. Si vede una immagine di un padre che china la sua testa sulla propria figlia. Piange. Lei anche.
La fa salire su un autobus.
Mi chiedo il senso di tutto questo.
#sbetti
