Che ci fosse il pericolo di infiltrazioni lo sapevano tutti, tranne Lamorgese

Libero 23 ottobre 2021 – la mia intervista a Filippo Dellepiane, uno dei fondatori del movimento Studenti contro il Green pass

Che durante le manifestazioni dei No pass ci fossero anche infiltrazioni di estremisti, lo sapevano anche i sassi. Solo il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sembra essere caduta dal pero. Il che, dopo la sua brillante relazione alla Camera e al Senato sui disordini a Roma del 9 ottobre scorso, con il poliziotto intento averificare, citiamo testuali parole, “la forza ondulatoria scaricata sul mezzo”, la dice lunga sulla capacità di gestione dell’ordine pubblico.Anche Filippo Dellepiane, 20 anni, studente universitario di Filosofia, uno dei fondatori del movimento Studenti contro il Green Pass l’ha detto. E per farlo ha scelto la sede di Piazza Pulita in onda giovedì sera su La 7. Cosa ha detto. “Noi sappiamo che ci sono delle infiltrazioni, le responsabilità sono certo nostre, quando organizziamo le piazze e dobbiamo capire quali sono le persone pericolose e potenzialmente facinorose; però ci sono delle responsabilità da parte delle istituzioni perché anche l’audizione che c’è stata in Parlamento nei confronti della Lamorgese fa vedere delle grosse lacune”. A cosa si riferisce Dellepiane. Noi di Libero l’abbiamo rintracciato al telefono.

È vero che voi sapevate delle infiltrazioni?

“Si lo sapevamo, chiaramente dopo un anno che si viene a creare un movimento e ora da qualche mese un movimento contro il Green pass è chiaro che uno conosce le componenti e le forze in campo. Non essendoci una grossa organizzazione alla base, sapevamo ci fosse questo rischio e infatti noi avevamo la direttiva nazionale di non scendere a Roma il 9 ottobre scorso. Se qualcuno avesse voluto scendere, avrebbe dovuto farlo a titolo personale, slegandosi dal movimento”. 

Quando parla di organizzazione cosa intende? Da parte di chi?

“La gestione dell’ordine pubblico è stata scorretta. Chiaramente se lo siamo venuti a scoprire noi che c’era una possibile infiltrazione è chiaro che automaticamente lo poteva sapere, anche molto megliodi noi, il ministro degli Interni. C’è stata una generale impreparazione”. 

Impreparazione, superficialità? 

“Non so quanto, né voglio sapere quanto si fosse a conoscenza o meno dei possibili accadimenti. Chi ha sbagliato è chiaramente la Lamorgese perché le manifestazioni nazionali devono essere presidiate da un numero congruo di poliziotti e di forze di polizia. Alcune scene viste alla Cgil a Roma lasciano esterrefatti. Quindi c’è un problema di disorganizzazione a livello generale sull’ordine pubblico e sulle dinamiche di piazza che ricadono per forza di cose sulle responsabilità del ministro in questo momento”. 

Quando lei vede gli idranti cosa pensa? 

“Capisco che è un’immagine simbolica. Io credo che lì ci sia stata la volontà di far vedere che lo Stato sa usare il pugno forte. Chiaro che lì c’è stata un’esagerazione nell’utilizzo della forza, e chiaro che erano manifestanti particolarmente pacifici, che hanno manifestato una minima resistenza alle forze di polizia. Anche il modo in cui si è mosso il dirigente della polizia, con i tre richiami, “in nome della legge disperdetevi” sono immagini da Codice Rocco degli anni Trenta. Mi sembra che talvolta ci sia un’esagerazione sia nei toni sia nei metodi”. 

Lei ha ascoltato la relazione della Lamorgese? Quando ha parlato di lacune, durante l’audizione, a cosa si riferiva?

“Sì anche a quella storia del poliziotto che controllava la forza ondulatoria del blindato…Per fortuna o per sfortuna non lavoro al ministero degli Interni, ma essendo io una persona che c’è stata alle manifestazioni, secondo me non si è gestito in modo corretto l’ordine pubblico. Non è una tragedia a volte capita. Lì c’era una frangia violenta; ma ci sono anche state lacune da parte del ministero degli Interni e di chi doveva occuparsi della sicurezza quel giorno”. 

Serenella Bettin

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