
Ho avuto uno scambio di battute con alcune persone per la mia intervista a Jair Bolsonaro.
Io credevo di poter condurre la conversazione nei termini rispettosi del dialogo e invece non c’è stato verso. Curioso come chi predichi pace poi non la rispetti.
Si può non essere d’accordo con Bolsonaro ma è un capo di Stato. Eletto democraticamente. Quando viene in Italia o va in qualsiasi altro Paese rappresenta il suo popolo.
Qualcuno mi ha detto anche che nutre per me un profondo disprezzo. Poco male. Me ne frego.
Pochi sparuti che pare abbiano vissuto in Brasile per cinquant’anni, quando il Brasile non l’hanno contemplato nemmeno in cartolina.
Persone che Bolsonaro non l’ha nemmeno mai visto, io almeno, scusate, una fetta di “sopressa” con il presidente del Brasile l’ho mangiata.
Ma sinceramente Bolsonaro è un capo di Stato, non sta a me giudicarlo.
E a meno che uno non vada in Brasile a documentare e vedere non può sapere come stanno le cose.
Ma la sinistra ipocrita che tanto si scandalizza, poi nella storia è andata a braccetto con tutti, anche con quelli che i gay li perseguitava veramente.
Perfino le vie a Tito hanno intitolato e tanto basta.
Ma qui sono diventati tutti brasiliani. Esperti di diritto. Politiche sociali. Natura. Ambiente.
Tutti portatori della pace nel mondo.
Questi sono quelli che le mogli indossano le borse fatte con le dita dei bambini in India, in Messico, in Brasile o chissà dove. E saranno quelli che ti dicono “che atrocità quello che sta facendo Bolsonaro! Che atrocità!”.
E poi vanno in giro con le borse cucite dai bambini che lavorano in fabbrica 15 ore.
Bolsonaro è uno di quelli che non ha partecipato al lancio della monetina dei giganti del pianeta in gita sui sette colli di Roma. L’ha lanciata il giorno prima prendendola di tasca propria. Anziché coniata dallo stato per l’occasione.
Al lancio della monetina oltre a XI e Putin, non pervenuti, mancava anche Biden impegnato a dimostrare come inquinare l’ambiente con le sue 85 macchine.
Lo staff di Bolsonaro al ristorante è arrivato in pullman. Qualcuno mi ha anche detto: con 1200 pagine di faldoni di indagine, dubito sia innocente. Ingenui.
È un capo di Stato. Non un santo. Le avessero mai lette poi le 1200 pagine di faldoni quelli che commentano comodi sul divano.
Ma io faccio la giornalista.
E se arriva un Capo di Stato sono curiosa di andarlo a conoscere. Di parlarci. Di fargli domande. Di avere risposte. Anche quelle scomode. Di guardarlo negli occhi. Lui che con il suo giubbino che non si è mai tolto ha mangiato polenta e baccalà, pranzo tipico semplice veneto.
Una persona mi ha attaccato senza nemmeno aver letto l’intervista. Dicendo che lui di persone come Bolsonaro ha il massimo disprezzo.
Non lo so.
Io quando vado a conoscere qualcuno non ho questo odio represso.
Ho provato a intervistare un uomo e raccontare quello che vedevo attorno.
#sbetti
Ph Sbetti


