Non avevo mai visto la laguna di Venezia dall’alto. O meglio non l’avevo mai vista, potendola respirare. Annusare. Sì insomma la vedi dall’aereo, quando parte da Tessera, ma ci stanno quei finestrini odiosi che ti ci appiccichi pure col naso, lo schiacci, lo premi contro il vetro, sei lì che vuoi fotografare. E niente. Il vetro, la laguna, non te la lascia respirare. Sì certo ci sta il Campanile di San Marco, che tanti dicono vado su e faccio una foto. Ma se ci stai sopra il Campanile, il Campanile non lo vedi. E allora. Allora all’Arsenale ci sta un posto dove se ci sali fin su in cima, la laguna la vedi tutta. Tutta. E si chiama Torre di Porta Nuova. Una torre trapezoidale alta 35 metri dove ci puoi salire con l’ascensore o con le scale. Una macchina per alberare” che svetta giusta all’ingresso della Darsena Grande. E la vedi quando arrivi dentro l’Arsenale. La vedi. Svetta in fondo alla banchina con le mura possenti. E poi. Poi quando sali lo spettacolo é incantevole. L’altro giorno ci sono rimasta sopra un’ora. E mentre ci stavo sopra a quella torre immersa nell’azzurro ho inviato una foto a mia madre e le ho scritto un messaggio: “quante cose abbiamo e quante cose ci perdiamo”.
E quindi. Quindi fare dei Tweet e dei post e li ho fatti da lì. Perché si sa che se lavori in un ambiente pieno di energia, il tuo lavoro sarà migliore. E allora da sopra la Torre l’energia ci sta tutta. E la vedi Venezia immersa nell’acqua. I tetti di mattone di tegole di coppi. Il colore del mattone riflette quel sole che splende su Venezia. E poi vedi le “mura”. Le mura dell’Arsenale. O meglio le porte. Il bianco dei merletti candidi baciati dal sole. E ti immagini di quando era presidiato. Accerchiato. Di quando ci costruivano le navi da guerra e tutti gli arsenalotti in catena di montaggio ci lavoravano. Fino a due al giorno erano in grado di produrne. Una potenza. Un colosso. E allora ti immagini di tempi antichi e lontani. E poi. Poi vedi i gabbiani passare. I canali che si incuneano dentro la terra. I campanili. Le chiese. Le cupole. I ponti. Gli alberi. I boschi che spuntano come pon pon colorati qua e là. E poi ci stanno quei tetti. Che incastonati tra di loro, chi sta sopra, chi sta sotto, chi si appoggia, chi si abbraccia, chi spunta, chi sopporta, formano un disegno perfetto. Un disegno che nessun disegnatore riuscirà mai a riprodurre. Perché Venezia è nata così. Ed è un miracolo della natura.
#sbetti