È morto il 2 aprile del 2005. E aveva 84 anni. E allora io me lo ricordo quel giorno. Anzi no. Me la ricordo quella settimana. Stavo preparando l’esame di Diritto dell’Unione Europea, che a vederla adesso questa Unione Europea mi chiedo quando facciano un esame per tenerla in piedi questa Unione Europea.
E allora dicevo stavo preparando l’esame e non riuscivo a studiare. No.
Dicevano che il Papa si era aggravato, che era questione di giorni. Che non ce l’avrebbe fatta. E infatti. Così è stato.
E allora ricordo che la notte prima della morte del Papa la passai ad ascoltare la radio per sapere le notizie aggiornate. E c’era gente da tutto il mondo. In ogni stazione si parlava del Papa, di quel Papa amato da tutti, che stava morendo. Di quel Papa voluto da tutti che ci stava lasciando. E ricordo che alla radio – ancora non c’era questo vomitevole e snervante tam tam su Facebook dove i politici si fanno preparare il tweet di turno pronto da twittare nell’esatto istante in cui il Papa muore. No. All’epoca ancora c’era un po’ di rispetto. Ci si guardava negli occhi. Si accendeva la tv. Si sintonizzava la radio. Si ascoltavano le persone senza commentare. Senza per forza voler dire la propria – allora dicevo ricordo che alle stazioni delle varie radio quella notte chiamava gente da tutta Italia, gente che piangeva, gente con il fiato sospeso, gente che si preparava per andare a Roma. Per andare in capitale. Per andare nella Città del Vaticano.
E allora ricordo che ascoltavo quelle parole e più le ascoltavo, più piangevo. Perché c’ero affezionata sapete a quel Papa. C’ero affezionata. Sì. L’avevo incontrato. L’avevo salutato. Ma non ricordo bene. Ero piccola. Avevo paura. E poi mi piaceva la sua capacità di farsi amare senza ostentare. La sua capacità di dire tutto senza paura. “Convertitevi”, l’urlo di dolore contro la mafia. Mi piaceva sì. Mi piaceva perché lo vedevo lungimirante. Trainava i giovani. Infondeva sicurezza. E testimonianza.
E allora ricordo anche che quei giorni alla tv passavano sempre le immagini di quel Papa con quella canzone della GMG, la Giornata Mondiale della Gioventù, a cui avrei sempre voluto partecipare. E allora si vedeva questo Papa che davanti a una folla oceanica di giovani alzava le mani, cantava in coro e sorrideva. E tutti applaudivano, tutti cantavano, tutti si levavano in coro.
Un boato di gente che cantava, che applaudiva. Un esempio.
Ma poi. Poi la sera del 2 aprile ricordo che ero fuori con i miei amici. Era sabato se non sbaglio. Ed eravamo andati in un locale. E io non avevo voglia di andare in quel locale ma il moroso dell’epoca ci volle andare perché mi disse: “purtroppo è vecchio”.
E allora andammo in quel locale. E io me ne volevo andare. E più sentivo parlare più me ne volevo andare. Quando. Quando a poco meno delle 22, sugli schermi di una tv dentro il pub appare la notizia che il Papa alle 21.37, me lo ricordo come fosse ora, era morto. Che il Papa è morto. E allora mi venne da piangere. Uscii a fumare una sigaretta e piansi. E così da lì partirono dei giorni in cui non riuscivo a studiare ma dovevo. In cui restavo incollata alla tv a guardare quei fiumi di persone provenienti da ogni parte del mondo e giunti a San Pietro per rendere omaggio al Papa, per ringraziarlo.
Oltre un milione di persone presero parte ai funerali di quel Papa, 300 mila in Piazza San Pietro, 700 mila nei vari maxi schermo sparsi qua e là nella città di Roma, oltre 200 capi di Stato e di governo, molti anche i rappresentanti delle religioni cristiane e no, 164 cardinali in un turbine di folla e di ringraziamenti.
La protezione civile venne allertata in un piano che mai si era visto.
Sì, perché tra tutte le cose di questo Papa me ne viene sempre in mente una.
E mi accade ogni volta che vedo qualcosa di bello. Come questi fiori visti oggi.
O mi accade ogni volta che faccio qualcosa di bello. Ed è questa: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”.
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