
Ci preoccupiamo. Ci incazziamo. Ci arrabbiamo gli uni con gli altri. Ci facciamo la guerra. Siamo talmente concentrati solo sui nostri interessi del cazzo. Che poi un giorno arriva la piena di un fiume e travolge tutto. E quello che era la tua vita. I tuoi affetti. I tuoi sogni. I tuoi desideri. Non esistono più. Svaniscono. Spazzati via dalla corrente di un fiume di un piena che in quel preciso istante vomita acqua rabbia violenza fango e melma. Ieri e oggi ho seguito il caso dei tre ragazzi dispersi a Premariacco, in provincia di Udine. Oggi trovate il pezzo su Libero. E domani il seguito. Erano le 13.30 quando è stato dato l’allarme. I tre avevano raggiunto il fiume in auto, erano sul Natisone. Un fiume bellissimo, spettacolare, immerso nella natura che manco ti pare di essere in Italia. E poi hanno raggiunto un isolotto a piedi. Solo che per il maltempo, il livello dell’acqua ha cominciato a salire. Il fiume ha cominciato a lievitare velocemente, si è ingrossato, si è ingolfato, si è colorato di marrone e riempito di fango. Prima l’acqua si è presa le loro caviglie. Poi le loro ginocchia, poi le loro gambe. Fino a che loro più forti della morte in faccia, hanno provato a unirsi in un ultimo abbraccio, per far sì che quell’abbraccio fosse più forte della violenza dell’acqua. Ma non c’è stato verso. La furia dell’acqua li ha travolti e loro sono stati trascinati via dalla corrente. Ed erano lì, mancavano pochi metri per arrivare alla riva, erano appena arrivati i vigili del fuoco che hanno lanciato loro delle corde. Ma non sono riusciti ad appigliarsi. A prenderle. Ad afferarle. Non sono riusciti a rimanere aggrappati alla vita. A questa vita che tanto ci fa dannare ma fino a che siamo vivi è la più bella che esista. Le ricerche sono andate avanti fino a sera. Fino a che il livello del fiume, come per uno strano scherzo del cazzo del destino, è rientrato. Ieri sera si camminava a piedi sopra quel fiume che fino a poche ore prima aveva vomitato fango acqua melma. Ci potevi perfino vedere il fondale. I sassi. L’acqua limpida. Sul posto sono giunte le loro famiglie. Ma ora i soccorsi hanno interrotto le ricerche. Che riprenderanno all’alba. La cosa sconcertante, oltre a quella che ogni volta mi provoca quando seguo questi casi e rifletto sul significato di questa vita, sono stati i commenti social. I soliti caproni da tastiera non si sono risparmiati. Addossando loro le colpe. Apostrofandoli con epiteti che ora non sto qui a riportarvi, o con quel solito sarcasmo che tanto piace alla gente che poggia il sedere su una sedia e commenta da casa. Ecco qui mi sono detta che non c’è rispetto per questa vita. Nemmeno dinanzi alla tragedia. Che non c’è rispetto nemmeno per quella vita in sospeso, appesa alla speranza di una fune mai presa. Su Libero.
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