E no. Non è stata una tragica fatalità. No. Non è un’attenzione morbosa per i fatti di cronaca. Questo non è “solo” un fatto di cronaca. Non è stato un incidente. Una lite finita male. Un litigio finito come nessuno poteva immaginare.
Smettetela di prendervi per il culo.
Smettetela di prenderci per il culo.
E abbiate rispetto delle parole.
Giulia è stata uccisa. È stata ammazzata da chi diceva di amarla. Amarla.
Ma che ne sai di cosa sia l’amore se ammazzi una persona. Se la consideri tua. Se la controlli. Se la ricatti. Se la opprimi.
Che ne sai.
Giulia è stata uccisa da chi diceva che le preparava i biscotti. I biscotti. Sai cosa ce ne frega dei biscotti. Sai cosa ce ne frega che qualcuno ti prepari i biscotti.
Giulia è stata uccisa.
La macchia di sangue sul bordo della strada. Accoltellata diverse volte alla testa. E al collo. E poi gettata in un dirupo per un volo di 50 metri.
Giulia è stata uccisa da quelli che diranno: “Era un bravo ragazzo. Non aveva mai dato segni di squilibrio”.
Come se l’equilibrio fosse una cosa visibile. Tangibile. Evidente. Manifesto. Palese. Che ne sai di cosa sia l’equilibrio quando c’hai i mostri dentro.
Giulia è stata uccisa e non è una tragica fatalità. Non è un delitto passionale. Passionale di cosa poi. Passionale di che. Non è un gesto disperato. Un raptus. Una follia. Un innamoramento folle. L’amore non è questa roba qua.
L’amore non è questa mer… qua.
E smettetela. Smettetela di dirvi e di dirci che lui non accettava la fine della storia. Che lui si sentiva tradito. Che lui era geloso. Che lui poverino andava capito.
La fine di una storia non richiede accettazione. È un fatto che si verifica perché nessuno è di tua proprietà. Nessuno è in tuo possesso. Smettetela con questa infermità mentale. Con questa incapacità di intendere e di volere. Con queste attenuanti. Con queste sospensioni delle pene. Con queste buone condotte.
Date un senso a queste morti, se volete far qualcosa di utile.
Giulia è stata ammazzata. Lui aveva cercato anche un kit di sopravvivenza. Girava con un coltello. Tanto che oggi il procuratore di Venezia ha cambiato il capo di imputazione: OMICIDIO VOLONTARIO AGGRAVATO e SEQUESTRO DI PERSONA.
Giovedì mattina tutti attendevano Giulia in aula per la proclamazione della sua laurea. Ma Giulia. Giulia non c’era. Il suo cuore aveva già smesso di battere. La sua bocca aveva già mangiato la polvere. La terra. Il suo corpo era lì, in un canalone vicino al lago di Barcis in quella macchia intricata di pruni, sterpi, lungo quel terreno scosceso e impervio.
Impervia come è stata la sua fine.
Prima viene colpita a mani nude. Poi lei prova a scappare. Poi viene colpita ancora. E ancora. Lui la accoltella. La carica in auto. E la abbandona. Il suo corpo aveva già iniziato a gelare. A tremare. A
ingrigire. La sua bocca era già stata messa a tacere. “Smettila che mi fai male”, le ultime parole.
I piedi con i quali poteva correre volare saltare, proseguire le sue strade, si erano già fermati.
Giovedì tutti avrebbero voluto vedere Giulia in quell’aula, allegra e sorridente. Festeggiarla con un aperitivo come lei aveva pensato di fare.
Ma a quella festa di laurea Giulia non è mai arrivata.
Lui l’ha fatta fuori prima. E non è una fatalità.
No.
Non è una fatalità.
Non è mai una tragica fatalità.
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