Uno all’estero che legge i giornali italiani penserà che siamo una canea di imbecilli. Non si capisce per quale motivo la narrazione in Italia debba sempre essere così surreale e grottesca.
Nel giro di due giorni da un lato abbiamo i genitori che presentano ricorso contro la bocciatura del figlio che aveva accoltellato la prof.
E dall’altro ci sono gli studenti che sparano pallini in faccia ai docenti e vengono promossi con il 9 in condotta. Perfino al tiratore scelto hanno dato 9. E che diamine. Dategli anche la medaglia. Dategli la lode! Da un lato quindi l’Italia mammona incapace di accudire i figli facendoli crescere con la convinzione che se accoltelli un professore e vieni bocciato, stai tranquillo tanto mamma e papà con un bravo avvocato ti tirano fuori. E dall’altro l’Italia del degrado culturale, del disboscamento dell’anima, della gramigna che cresce, incapace di farsi rispettare e dettare regole. Era ottobre scorso quando uno studente dell’istituto di Rovigo sparò pallini in faccia alla prof di scienze, Maria Cristina Finatti, ed era maggio scorso invece quando lo studente di Abbiategrasso (Milano) dinanzi alla richiesta della docente, Elisabetta Condò, di riparare un brutto voto, prese un pugnale da caccia e la accoltellò.
L’avvocato della famiglia ha detto che il ragazzo era bravo, aveva buoni voti e che l’unica insufficienza era in storia con la professoressa in questione e che questa cosa della bocciatura è una mossa quasi pilatesca. Il legale ha detto che non è un bel segnale.
In entrambi i casi le docenti non hanno mai ricevuto alcuna scusa da parte dei genitori.
Del resto questi sono alcuni degli esempi dei genitori di oggi. Presenti ma assenti. Sono quelli che si scrivono a tutte le ore nelle chat dei genitori della scuola hashtag #compiti per le vacanze per sapere cosa ha detto “quella deficiente della professoressa in classe” perché il deficiente di suo figlio non era attento.
Sono quelli che si presentano dal preside se il figlio ha avuto un brutto voto o quelli che fanno le giustificazioni perché c’è la settimana bianca e uno zaino in più in macchina con i libri per studiare non ci sta. Una preoccupante marmaglia in crescita che se ne fotte della società e delle regole. Che sputa, imbratta i muri, si ubriaca, insulta, mena, prende a cazzotti la gente nei treni o per strada, scalcia, spara pallini in faccia, lancia coltelli. Ma la scuola non è una somma di voti sulla base di nozioni imparate a memoria. La scuola è convivenza. Vivere civile, un percorso fatto di fatti, incontri, parole, scambio di idee, confronti. Se un dipendente accoltella il proprio datore di lavoro, anche se porta su il fatturato come minimo viene licenziato. Si chiama etica. Quella che cercavo al liceo negli sguardi della gente.
A quell’avvocato e a quei genitori che hanno presentato il ricorso andrebbe spiegato che se accoltelli qualcuno non meriti la promozione. E a quei docenti che hanno autorizzato il 9 in condotta a chi spara pallini in classe andrebbe spiegato che forse non era manco da promuovere.
In questa giungla di sentenze è evidente che non ci sono più famiglie. Non ci sono più scuole. Non ci sono più istituzioni. Abbiamo fallito tutti.
sbetti

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