Stufi del diritto di voto 

Dovrebbe farci riflettere il fatto che il 2 giugno 1946, l’affluenza al #referendum istituzionale per decidere tra Repubblica o Monarchia fu dell’89,08%. E all’epoca non c’erano tanta istruzione, tante lauree, tanti titoli. Anzi molte persone erano anche analfabete. Sapevano a mala pena scrivere, leggere. 

Ma forse c’era una cosa che più di ogni altra prevaleva e che ora stiamo perdendo. 

Il rispetto. 

Il rispetto verso una lotta, verso qualcuno che ha fatto in modo che noi avessimo un diritto. Quello di voto. 

Il rispetto verso di noi. Verso i nostri diritti. 

A distanza di 70 anni niente è cambiato da quel punto di vista. Siamo sempre noi con i nostri diritti. Nessuno ce li ha tolti. Siamo noi che ci siamo privati del diritto di scegliere. L’ultimo referendum quello del 17 aprile scorso sulle trivelle è finito in pasto ai pescecani. Ed è il caso di dire in tutti i sensi. 

A distanza di 70 anni da quando le donne esultavano nelle piazze perché potevano votare, a distanza di 42 anni da quando gli italiani (era il 1974) decisero con un quorum totale di 87,7% di mantenere in vita la legge sul divorzio, ecco, siamo stati in grado di perderli i nostri diritti. 

Di non sentirci più padroni di esercitarli. 

Il 17 aprile scorso anche le donne decisero di mettersi il diritto di voto sotto il sedere e di tenerlo bene al caldo. Insomma settant’anni di storia, finita in un pozzo di petrolio. 

Dal 1946 a oggi in Italia ci sono stati 71 referendum, di cui 67 abrogativi. 

C’è stato anche un referendum consultivo e due costituzionali. Il terzo è tra sei giorni. 

Dei 67 referendum abrogativi, ben 39 raggiunsero il quorum. Tutte materie di interesse nazionale. Si andava dall’ordine pubblico, al finanziamento pubblico dei partiti dove andarono alle urne per ben due volte, alla prima vinse il no, alla seconda il sì, abolendo il finanziamento; fino alla pena dell’ergastolo che qualche radicale aveva pensato stupidamente di togliere. Qui il 79,4 per cento degli elettori si presentò a votare, e ben il 77,4 votò no, quindi a favore del mantenimento della pena. 

Poi si andò a votare per l’interruzione della gravidanza a cui partecipò il 79,4 per cento di cui l’88,4 voto contro l’abolizione di alcune norme per rendere l’aborto più efficace. 

Poi ancora nel 1987 gli italiani votarono per la localizzazione delle centrali nucleari, nel 1995 per la privatizzazione della Rai, per gli orari dei servizi commerciali fino alla abolizione della legge sul legittimo impedimento nel 2011 dove alle urne si presentò il 54,78 per cento e di questo il 94, 62 per cento votò a favore dell’abrogazione dell’ istituto. 

Ma a un certo punto l’Italia entra in apnea, peccato però che anziché spuntare dall’altra parte, come accade di ritorno dalle apnee, sembra che ora abbia posato il culone sul fondale. 

Ci sono tutti i referendum che si concentrano dal 1997 al 2009, a cui gli italiani hanno deciso di non prendere parte. 

Insomma come dire: “grazie tante, del mio diritto non so che farmene, tenetevelo pure e arrivederci e grazie”. 

Anche l’Ordine dei Giornalisti che si voleva abolire, rimase in vita perché non raggiunse il quorum. 

Gli altri quesiti che non sono piaciuti sono: disciplina della caccia, uso dei fitofarmaci nel 90, procreazione medicalmente assistita, e chi più ne ha più ne metta. 

Al referendum costituzionale del 2001, per la riforma del Titolo V della Costituzione, si presentò alle urne il 34.1 % degli elettori. Un po’ poco. 

Ma qui, come per il 4 dicembre, non serve il quorum. E a prevederlo è la Costituzione. 

Al referendum del 2006 per la modifica della seconda parte (che non venne modificata) si presentò il 52.5 %. Di questo il 63.1 votò no. 

Insomma sembra che negli ultimi anni gli italiani si siano Stufati di questo diritto di voto. Un po’ come cambiare bar, cambiare ristorante, cambiare panificio. 

Forse la trasformazione da sudditi a cittadini ha rinsecchito, ha fatto credere che i diritti ci siano dovuti. 

No. I diritti ci sono dovuti se te ne prendi cura. Se non li fai arrugginire. Se li eserciti. Se ci parli. Se li ascolti. 

Adesso invece li calpestiamo, li mastichiamo, li usurpiamo, li mettiamo sopra dei piedistalli pretendendo soltanto di rivendicarli, poi giriamo il culo e ce ne dimentichiamo. 

Nessuno più ha le palle. 

Il tutto si riduce a qualche chiacchiera da bar. 

Dovrebbero toglierceli e allora capiremo quanto importanti sono. 

Dovrebbero imporci di non andare a votare e allora forse domenica davanti le urne ci sarà il pienone. Chi crede che l’astensionismo sia un diritto dovrebbe provare a esserne costretto, e allora capirebbe che ti stanno togliendo linfa vitale. 

#buonanottesbetti

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