Chiamarla “Wish for a baby” è sicuramente più raffinato, più elegante, fa più “fico”, ma se vogliamo avere rispetto dei fatti e dei lettori dobbiamo chiamare le cose con il loro nome. Sabato e domenica a Milano c’è stata quella che potrebbe essere chiamata “Fiera dell’utero in affitto”. La mercificazione del corpo.
In realtà dicono sia una kermesse per le coppie con problemi di fertilità. Ma non si capisce il motivo di istituire un evento ad hoc dato che in giro è pieno di consultori e ginecologi a cui chiedere informazioni.
La fiera è stata aperta sabato e domenica ed era allo Spazio Antologico East End Studios di via Mecenate 84.
Nella homepage del sito c’è scritto: “Sia che abbiate appena iniziato il vostro viaggio verso il diventare genitore, sia che sentiate di avere utilizzato ogni possibilità. Nel nostro evento Wish for a Baby potrete incontrare gratuitamente i migliori esperti di fertilità di tutto il mondo”.
Ma cosa vuol dire esattamente “sia che sentiate di avere utilizzato ogni possibilità”? Che altre pratiche sono possibili? E poi ancora. “Conoscerai le più recenti tecniche di fecondazione in vitro, grazie a rinomati professionisti. I nostri relatori discuteranno anche di come scegliere una clinica, dell’adeguatezza di un trattamento all’estero”.
All’estero? Che bisogno c’è di andare all’estero?
Oltre a questo, sempre sabato pomeriggio, dalle 15 alle 18, e domenica mattina, dalle 11 alle 13, al Mudec, il museo delle culture, si sono tenuti due “dibattiti – laboratori gratuiti”, così vengono definiti, “rivolti ai teenagers della città di Milano sui temi dell’identità di genere e le trasformazioni sociali attuali”. Nel sito, parlano di “primo progetto educational rivolto ai teenagers su temi queer”.
Che bellezza.
Erano forse queste le attività culturali a cui doveva essere adibita la zona ex industriale dell’Ansaldo, acquistata nel 1990 dal comune di Milano. Il progetto del Mudec nasce proprio qui, frutto di quella “governance innovativa con una formula di gestione in partnership tra pubblico e privato che vede insieme il Comune di Milano e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE”, e quindi Confindustria.
Durante il seminario, spiegano, “i teens lavoreranno sulle questioni che più sentono urgenti in relazione alle questioni di genere, identitarie e di rappresentazione”.
“Al termine dell’esperienza laboratoriale, Nicole Moolhuijsen – esperta di pratiche queer – farà una presentazione sull’attivismo LGBTQIA+ nelle istituzioni culturali evidenziando come la cultura possa servire a mettere in discussione gli stereotipi e creare spazi inclusivi”.
Ma allora non abbiamo capito quali siano queste questioni di genere. Ossia. Se nasco uomo ma mi sento donna, allora il mio sentire si basa su una differenza che non è uno stereotipo, ma è un dato di fatto. Sulla base di cosa mi sento donna?
Ve lo chiediamo perché dall’altra parte dello stivale, esattamente a Roma, il Comune (dipartimento scuola, lavoro e formazione professionale) a guida Pd, nel piano aggiornamento 2023 – 2026 ha inserito per i docenti degli asili nido e scuole dell’infanzia un seminario dal titolo “De-costruire gli stereotipi di genere ed educare alle emozioni e alle restrizioni”. Il primo dei quattro incontri è avvenuto il 9 maggio scorso all’Acquario Romano. Il video è reperibile su YouTube. Due ore e 45 minuti dove sono intervenuti due dottorandi, pardon dottorande: Sara Marini, pedagogista e formatrice; e Chiara Antoniucci dottoranda in psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma. Entrambe fanno parte dell’associazione Scosse, associazione romana che lavora su tutto il territorio nazionale e che si occupa di educazione al genere e al rispetto delle differenze. Le relatrici hanno parlato di “sesso assegnato alla nascita”, che ancora non si è capito cosa sia esattamente. Cosa vuol dire? Che l’assegnazione del sesso è una decisione arbitraria? Che quando siamo venuti al mondo potevano assegnarcene un altro? Non è che quando nasci ti metti in fila e tirano a sorte. O nasci uomo. O nasci donna. Ci sono delle differenze fisiche che non lasciano spazio all’interpretazione. E funziona ancora così in molti ospedali. Se nasci con il cromosoma XY ti mettono il fiocco azzurro. Se nasci con il cromosoma XX ti mettono quello rosa. “Pensiamo – hanno detto le relatrici – che la scuola fin dal nido e dalla scuola dell’infanzia siano strategiche in questo percorso di decostruzione degli stereotipi perché queste etichette riguardano le aspettative, le pressioni che noi riceviamo in base al sesso assegnato alla nostra nascita, in quanto bambini o bambine. Questo limita la nostra libertà”. E poi uno sguardo al corpo. E un invito a “vedere rappresentati i corpi e soprattutto vedere rappresentati corpi differenti, non solo corpi conformi ancora una volta a un modello stereotipico”.
“Abbiamo presentato una mozione – interviene Federico Rocca, consigliere comunale Fratelli d’Italia – per far sì che siano i genitori a decidere se vogliano parlare o meno di certi argomenti ai loro figli. Una sorta di modulo di consenso informato”.
“L’ agenda gender del comune di Roma avanza – sbotta Emanuele Mastrangelo, ricercatore del centro studi Machiavelli e papà di una bimba in un asilo – preparatevi a vederla come linea guida del comune di Roma per l’educazione dei bambini negli asili nido e nelle materne”.
Insomma quello che non entra dal portone, provano a infilartelo dalla finestra. Il tutto in nome della propaganda ideologica spacciata per eticamente corretta.
Serenella Bettin

