#chiudetequellecazzodiporte

Poi accade sempre qualcosa. Sempre. E allora ci sono dei giorni che pensi che forse non sei fatta. Che non fa per te. Sì insomma che la scrittura, questa compagna così assoluta e indivisibile, sebbene parte di te, non faccia per te. Capita. A chiunque. Solo gli stupidi non si pongono dubbi. Capita sapete. Mica sempre. Mica spesso. Ma qualche volta capita. E tutte le volte che mi è capitato, c’è sempre stato qualcosa che tornava a prendermi. E allora stamattina mi hanno chiamato. Ma ero in doccia e non ho sentito. Dovevo preparami. Allora esco dalla doccia e vedo quella chiamata. Così mi sono detta: intanto mi vesto, poi richiamo. Ma tempo mezzo minuto su whatsapp mi arriva un video. Lì per lì non ci faccio caso. Sembrava uno di quei video che la gente gira così alla cazzo. Con qualche satira. Freddura. O chissà cosa. Tanto che a chi me l’aveva inviato rispondo: “non posso ora, devo andare. Dopo guardo”. Non avevo capito fosse un video vero. Una cosa reale. Una tragedia sfiorata. Non avevo capito che quello che trasmetteva il video era appena accaduto a Venezia. Anzi. Era ancora in corso. Ma poi. Poi mi scrive un contatto e mi avvisa del caos. Tutto il mondo sapeva. E allora lì. Lì è un attimo. Mi ero messa a bere caffè seduta sul tavolo con i piedi piantati sul banco della cucina. Balzo dal tavolo. Avviso la redazione. Capisco che la cosa è seria e annullo tutti gli impegni della giornata. Quando hai una priorità devi concentrarti e andare avanti dritta solo su quell’obiettivo. Taccio tutti i gruppi whatsapp. E comincio. Qualcuno mi scrive “ma dove sei?”. Ma io non posso. E allora. Allora inizio a seguire questa storia. Queste Grandi Navi. Questa tragedia sfiorata. E da lì è un crescendo. Vigili. Soccorsi. Forze di polizia. Sommozzatori. Carabinieri. Polizia locale. La gente che urla. Che impazza. Qualcuno che piange. La gente che grida. La sirena che tuona. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Il Governatore del Veneto Luca Zaia. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli. Quello dell’Ambiente. I testimoni. I racconti. Le testimonianze. Le notizie che si accavallano. Forse è successo perché. No è successo perché così. No perché colà. La Lega che dà la colpa ai Cinque Stelle. I Cinque Stelle che danno colpa alla Lega. È tutto un crescendo di battute a suon di post. Di tweet. Di madonne. Di #cazzoapritequellecazzodiporte. Un crescendo di ultime novità. Di aggiornamenti. Di vertici. Di incontri. Feriti. Come stanno. Quanti sono. Le Grandi Navi. La Giudecca. Le polemiche. Malamocco. E così. Così dopo aver preso giù tutto. Studi. Accendi il pc. I dati. I numeri. La stazza della nave. I passeggeri. Le persone. L’altezza. La lunghezza. Il peso. E poi. Poi ti butti. I pezzi. Il lavoro di squadra. E si comincia a scrivere. Prima una parola. Poi un’altra. Poi un’altra ancora. E giù via come all’infinito. E allora ti chiedi se fa ancora per te. Se fa ancora ancora e ancora per te. Gli amici ti chiamano. Dove sei? È pronto il pranzo. Ma mentre scrivi e le parole scivolano via come l’acqua scandendo le battute a suon di sigarette, ti dici che sì. Che questa vita fa ancora per te. Perché dal giornalismo e da questi racconti di vita, ti senti ancora viva. Semplicemente viva.

E oggi, tra poche ore per chi ancora non dorme, ci trovate sul #Giornale.

#sbetti

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